Cronache

Togliere un figlio senza un abbraccio brucia come l'acido

C'è un diritto che viene prima dei codici

Togliere un figlio senza un abbraccio brucia come l'acido

La decisione di togliere dalla pancia di una mamma cattiva il figlio, di non fargli ricevere da lei il primo bacio e il primo latte, è qualcosa che urta contro le leggi non scritte, contro un diritto che viene prima dei codici, e tocca il senso stesso del vivere e del morire, dell'essere figli.

Stiamo parlando di Achille, figlio di Martina. La sua vicenda è troppo nota per diffondersi nei particolari: è in carcere per aver cosparso di acido, con crudeltà inaudita, un ragazzo che nulla le aveva fatto di male. Ha agito con il suo compagno, mentre aveva già in sé Achille. Complice o sottomessa a quell'Alessandro, comprendiamo benissimo le ragioni che non ne farebbero una buona educatrice. Gli esperti sanno se è bene o male che questo piccino sia dato in adozione, magari ai nonni materni, o forse a una famiglia che tagli via anche anagraficamente il cordone ombelicale che lo lega a un nome sventurato.

Non ho fatto apposta a scrivere cordone ombelicale: in quei nove mesi la madre, anche mentre quella sciagurata ragazza tirava l'acido muriatico, versava il suo nutrimento alla creatura che aveva nel seno. Qualcosa di più di vitamine e proteine. Per coerenza, se ora si vuol tenere lontano Achille dalla mammella e dal latte di Martina per non intriderlo del suo male, si sarebbe dovuto levarlo subito dal grembo e traslocarlo in un utero in affitto, o in comodato di Stato, magari avendo fatto prima un esame del casellario giudiziario della volontaria.

Le acque materne sono intangibili, così il seno col suo latte, il quale senza che nemmeno la mamma decide sgorga come la pioggia, che il Vangelo dice che bagna i buoni e i cattivi.

Perché punire Achille, fargli pagare i suoi genomi, il suo Dna? Ciascuno di noi è costituito dalla memoria decisiva dei primi attimi, e dal primo sguardo rivoltoci dalla nostra madre, che dice il nostro nome, c'è qualcosa di più profondo a esserne segnato. Qui non c'è bisogno di Freud o di Jung. Bastano i nostri sogni di quando eravamo bambini e che durano da vecchi: l'alito della mamma. Chi ha diritto di privare un bimbo di quei primi sospiri? Nella storia - lo sappiamo - è capitato spessissimo. La cronaca delle guerre è piena di bambini strappati al primo vagito e fatti schiavi o destinati a essere allevati da famiglie vincitrici. Nel secolo XIX fu il codice penale sovietico, riformato da Stalin nel 1935, a prevedere che i «crimini politici» comportassero - in caso di mancata confessione e autocritica degli imputati - la deportazione dei loro bambini e persino, se avessero compiuto 12 anni, la fucilazione. Kamenev ed altri famosi prigionieri chiesero pietà per i loro figli durante i celebri processi della purga. Gli rispose il procuratore Vyšinski: dovevi pensarci prima. Senza paragonare procuratori e regime, si potrebbe ripeterlo per analogia a Martina: colpa tua, dovevi aspettartelo. Il nostro male ha sempre conseguenze anche su chi amiamo. Vero. Sul diritto dello Stato di sanzionare la madre, deve prevalere però il diritto del bambino. Il quale deve poter ricevere latte e carezze da chi l'ha generato, e senza essere circondato dalle sbarre. Certo, per il poi, si tratta di una decisione delicatissima che dal di fuori nessuno può suggerire. E Achille deve poter diventare grande senza dover sopportare l'inesorabile persecuzione dei coetanei e dell'ambiente.

Mi permetto un'opinione: sapere di chi si è figli, e fare i conti con chi ti ha messo al mondo e allattato, qualunque cosa abbiano commesso i genitori, è costitutivo dell'umano. I padri e le madri hanno bisogno del perdono dei figli, e questi ultimi devono essere liberi di farlo. È il dramma della vita, senza cui essa è quella di un sasso o di un idiota.

Del resto, non credo nella bronzea legge della genetica morale: come dice il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, oltre a essere definiti dal Dna, che ci fa molto simili anche nel carattere ai nostri genitori, c'è la «memoria dell'acqua», ha a che fare con le acque materne, certo, ma di più. È qualcosa che si comunica attraverso l'amore, e non è un sentimento etereo, ma ha una potenza tale da dare forma a qualcosa di più profondo dei cromosomi. (Infine un pensiero a Martina, che di certo ha commesso un crimine orrendo.

L'articolo 27 della Costituzione prevede: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»).

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