Politica

Toh, ora è allarme «uomo forte»

Su «Repubblica» e «Corriere» i dubbi sulla deriva autoritaria di Renzi

RomaDavanti c'è Lui, il Narciso, l'uomo forte, «l'uomo solo al comando». Dietro soltanto macerie, cioè nemici divisi, litigiosi, sconfitti, scappati sull'Aventino. E i giornali cominciano a preoccuparsi: Renzi non starà accumulando troppo potere? Non ci saranno rischi di una deriva autoritaria? Se per Eugenio Scalfari «bisogna aiutare Matteo a difendersi da se stesso», Angelo Panebianco sul Corriere della Sera lo paragona a Silvio Berlusconi perché «entrambi sono stati accusati di rappresentare una minaccia per la democrazia». Sul Fatto invece Antonio Padellaro lo accosta a Bettino Craxi: «É lo stesso format, tutti e due nascono a sinistra per spaccare la sinistra».

Il piglio, la spregiudicatezza, la rottamazione, il modo con cui e arrivato a Palazzo Chigi, l'insofferenza alla critiche, il braccio di ferro con i sindacati, la capacità di manovra e di trovare consenso, queste le caratteristiche e le circostanze della fortuna del premier. Oggi, sostengono i commentatori, Renzi non sembra avere rivali ma domani, dicono, potrebbe andare peggio. Dalla legge elettorale «su misura» alla riforma del Senato alla conquista della Rai: il potere di Matteo si sta espandendo.

Come al solito, nel suo articolo domenicale, il fondatore di Repubblica parte da lontano, da Marco Minghetti, che governò 150 anni fa e che ora come Virgilio accompagna Scalfari, sembra di capire, nella discesa agli Inferi. In una bolgia c'è Renzi al quale vengono riconosciute alcune qualità, «l'innovazione, il coraggio e la volontà che gli hanno consentito di essere alla testa del Pd e di farne il più forte partito italiano». Però Matteo «è Narciso e mira all'utile proprio», anche se poi ogni tanto «vuole essere di giovamento altrui sicché tiene alla briglia il suo Narciso affinché gli altri gli rinnovino la fiducia e rafforzino il suo ruolo da protagonista». Ma per «produrre questi effetti» concentra il potere nelle sue mani. «Questo spiega il progressivo indebolimento dei ministeri e la costruzione di uno staff a Palazzo Chigi capace di determinare le linee di governo». La prova? L'interim alle Infrastrutture, che si preannuncia lungo, la fine del bicameralismo con un Senato regionale e una Camera di nominati, la legge elettorale che guarda solo alla governabilità.

Panebianco è preoccupato per la riforma Rai, che «accrescerà il controllo di Palazzo Chigi», per la stretta sulle intercettazioni, per l'Italicum «che gli cade addosso come un vestito di alta sartoria». La mobilitazione antiautoritaria contro Berlusconi «fu esagerata» e Renzi «ci sta abituando all'idea che un uomo solo al comando non equivalga al fascismo», però questo «non può renderlo immune dalla critiche».

Infine Padellaro. «L'ascesa rapace tra partito e governo, senza fare prigionieri, sotto l'insegna del cambiamento.

Il disprezzo per il Parlamento, l'insofferenza per i giornalisti: Renzi e Craxi, due carriere parallele, «lo specchio di un Italia malata».

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