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Toh, "Repubblica" dimentica le crociate sull'insider trading

Il quotidiano di De Benedetti adesso ignora i guai del suo editore sui guadagni realizzati con le banche popolari. Ma a febbraio dava la caccia agli speculatori

Toh, "Repubblica" dimentica le crociate sull'insider trading

Alzi la mano chi ha letto un articolo di Repubblica sull'inchiesta aperta dalla procura di Roma a carico di Carlo De Benedetti. Ecco, appunto. Perché i segugi del quotidiano di largo Fochetti hanno improvvisamente abbassato le penne. Sulla vicenda si trovano solo venti righe in cronaca, lo scorso 15 dicembre, occupate dalla nota dell'Ingegnere che nega l'abuso di informazioni privilegiate dopo lo scoop scritto dal Giornale. Occhiello: «La Polemica». Anche se in realtà trattasi di notizia (quella sull'inchiesta aperta, e per giunta non smentita).Certo, in ballo c'è l'editore. Ma a luglio, quando un'altra società della galassia di De Benedetti - Sorgenia - finì alla ribalta delle cronache per le indagini sul fallimento di Tirreno Power, va dato atto alle stesse penne di non aver esaurito l'inchiostro. Stavolta, peraltro in piena bufera sull'Etruria (che è fra gli istituti coinvolti sia dalla riforma delle popolari sia dal «salva banche»), un silenzio assordante.

Eppure Repubblica, paladina dell'informazione senza bavaglio, è sempre stata attenta a evidenziare le devianze del capitalismo di relazione e a stanare i conflitti di interessi. Ricordiamo, ad esempio, gli «affreschi» di Alberto Statera su «L'insostenibile leggerezza dei vecchi poteri forti» (articolo del 2013) dove vengono citati tutti, da Tronchetti agli Agnelli, da Geronzi a Bazoli. Senza però guardarsi mai in casa. «Alla sagra delle autorità il conto lo paga il parco buoi», scrive ancora la stessa firma a luglio del 2013 puntando il dito sul conto pagato dai piccoli azionisti Fonsai per la «satrapia della famiglia Ligresti». Lo stesso rigore è stato applicato a febbraio, quando scoppia il caso dei movimenti anomali dei titoli in Borsa nei giorni precedenti l'annuncio della legge sulla trasformazione delle popolari in spa. Tutti i giornali, nessuno escluso, si mettono a caccia degli speculatori. E così fanno nella redazione del quotidiano di De Benedetti. Mettendo in pista non solo i giornalisti specializzati in giudiziaria e in finanza, ma anche armando le tastiere di editorialisti ed esperti.

«La giusta distanza tra governo e finanzieri», è il titolo del corsivo del 9 febbraio a firma di Federico Fubini, al tempo responsabile dell'inserto Affari&Finanza. «Guardate quelle carte», inizia così l'articolo che accende i riflettori proprio sugli «acquisti eseguiti grazie a informazioni riservate» che hanno innescato le indagini della Consob con il sospetto di insider trading. Fubini cita le mosse del finanziere e supporter del premier, Davide Serra, sollevando «questioni di opportunità» per il possibile conflitto di interessi. E invocando appunto quella «distanza» che, secondo l'inchiesta aperta dalla procura di Roma, avrebbe forse dovuto tenere in quelle stesse settimane anche De Benedetti. Peraltro finanziere più esperto di Serra, visto che è stato al centro di storiche partite giocate sul campo di Piazza Affari negli ultimi cinquant'anni. Passano tre giorni e il 13 febbraio Repubblica torna sulle «operazione anomale» in Borsa con un pezzo di Elena Polidori dal titolo: «Speculazione sulle Popolari, indagine della procura romana sull'ipotesi di insider trading». Inchiesta «per ora contro ignoti», spiega l'autrice nelle prime quattro righe.

Ignara che, dieci mesi dopo, nel mirino di quell'indagine sarebbero finiti il suo editore e la sua galassia, pardon «satrapia».

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