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Torna l'allarme sulla rotta balcanica Rinforzi e controlli a Gorizia e Trieste

In Friuli arrivano anche migranti a cui altri Paesi Ue negano l'asilo

Torna l'allarme sulla rotta balcanica Rinforzi e controlli a Gorizia e Trieste

Alla vigilia del vertice europeo di Innsbruck arriva la risposta italiana ai controlli antimigranti dell'Austria al Brennero e della Francia a Ventimiglia. Il Viminale ha inviato una cinquantina di uomini di rinforzo alla polizia di frontiera che presidia i confini di Gorizia e Trieste, porte di ingresso in Italia di piccoli gruppi di migranti provenienti non solo dalla rotta balcanica, ma anche di ritorno da altri Paesi europei dove non hanno ottenuto l'asilo. Protagonisti dei cosiddetti «movimenti secondari», quelli che la Germania di Angela Merkel, dopo il compromesso raggiunto col suo ministro dell'Interno Seehofer, intende stoppare respingendo i richiedenti asilo negli Stati da cui sono transitati, tra i quali il nostro. Lo stesso fenomeno però, seppur in misura minore, coinvolge anche le frontiere a nordest: «Quasi tutti i 5mila richiedenti asilo presenti qui - afferma l'assessore alla Sicurezza della neonata giunta Fedriga in Friuli Venezia Giulia, Pierpaolo Roberti - sono di rientro da altri Paesi dell'Ue che hanno negato loro la permanenza». Ecco perché, dopo il potenziamento dell'ufficio immigrazione di Gorizia per velocizzare le pratiche di riammissione in base al regolamento di Dublino, gli agenti arrivati dai reparti mobili di Bologna e Firenze e dell'anticrimine di Padova, dovranno servire a pattugliare capillarmente gli ex valichi di frontiera delle due province.

L'operazione «straordinaria» partita due giorni fa, frutto dell'intesa tra il ministro Salvini e il «suo» governatore Massimiliano Fedriga, proseguirà per i prossimi venti salvo rinnovi e dovrà accelerare i respingimenti, «entro 24 ore» dai rintracci, verso la Slovenia. La stessa che in questi giorni è accusata da Amnesty international di aver respinto in modo illegittimo un centinaio di migranti in Croazia, dove sarebbero bloccati altri centinaia arrivati a loro volta dalla Bosnia. Segnali che la rotta che attraversa i Balcani e conduce in Europa è di nuovo in fermento, anche se con cifre certamente non paragonabili alla crisi dell'estate del 2015. Se la stretta alle Ong nel Mediterraneo e i controlli della Guardia costiera libica dovessero chiudere la via del mare, potrebbe riaprirsi quella terrestre.

Oltre a fermare automobili e furgoni, i pattugliamenti straordinari dovranno monitorare i 54 chilometri di confine triestino, considerato il più permeabile ai flussi in ingresso dalla Slovenia attraverso i morbidi sentieri del Carso. «Qui non è come il Brennero - spiega Lorenzo Tamaro, agente di frontiera e rappresentante del Sap -, il Carso è piatto, facilmente percorribile a piedi». I numeri non parlano certo d'emergenza, anche se i rintracci di irregolari sono cresciuti del 50% da giugno a oggi, complice la stagione estiva che «fisiologicamente favorisce gli arrivi»: si parla di qualche decina a settimana, anche se il numero può variare. Una settimana fa, per esempio, sono stati intercettati 40 migranti stipati dentro un furgone.

Il mezzo non era stato fermato alla vecchia frontiera, ma durante un controllo ordinario quando col suo carico umano aveva quasi raggiunto il centro di Trieste.

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