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"Torno a fare il Renzi 1". Matteo sbanda e annaspa

Dopo la scoppola, Renzi non fa mea culta. L'obiettivo è un cambio di marcia in vista delle Comunali 2016. Anche Roma potrebbe finire nella tornata: "Fossi Marino non starei tranquillo"

"Torno a fare il Renzi 1". Matteo sbanda e annaspa

"Queste elezioni dicono con chiarezza che con il Renzi 2 non si vince. Devo tornare a fare il Renzi 1. Infischiarmene dei D'Attorre e dei Fassina e riprendere in mano il partito". Matteo Renzi, in un colloquio in apertura di prima pagina della Stampa con Massimo Gramellini, analizza i risultati delle amministrative e nel farlo si chiama fuori dal processo agli sconfitti. Non un mea culpa, ma un'invettiva contro la sinistra piddì. Quando il Pd vince (vedi le europee dell'anno scorso) tutto il merito se lo prende lui, ma quando la sconfitta è cocente (vedi le recenti amministrative) è il primo a evitare il linciaggio. Una "qualità" accomuna, insomma, il Renzi 1 al Renzi 2 l'incapacità di riconoscere i propri errori e i propri fallimenti.

Renzi riparte dal Renzi 1. Che cosa lo distingua dal Renzi 2, quello che - per intenderci - ha accompagnato l'Italia nel pantano economico e sociale in cui si ritrova, non è dato sapersi. Il premier, però, prova a sfruttare la batosta elettorale per addossare tutte le colpe alla minoranza piddì e mettere le mani sul partito. Da qui la decisione di archiviare le primarie: "Una cosa è certa: le primarie sono in crisi. Dipendesse da me, la loro stagione sarebbe finita". Lo strumento di selezione della classe dirigente del Pd, a suo dire, non ha funzionato: "Casson, Paita, De Luca, Emiliano, Moretti. Io su quelle scelte non ho messo bocca". Sul caso Venezia, in particolar modo, il segretario del Pd è molto tranchant: "Era scritto che Casson perdesse. A Venezia mi è venuto incontro un signore: 'Salve, sono l’ unico renziano della città...'. Era Brugnaro, il candidato del centrodestra che ci ha battuto".

Nell'intervista alla Stampa Renzi è sin troppo chiaro anche su quello che dovrebbe essere il collocamento politico del Pd: "Questo è un paese moderato, vince chi occupa il centro. Con personalità perché se invece degli originali corrono le copie, allora non funziona". E cita un altro caso significativo: quello ligure. "La Paita non ha perso perchè il candidato di Civati le ha tolto dei voti che probabilmente non sarebbero andati comunque a lei. Ha perso perchè nell’ ultima settimana il 5% degli elettori di centro si è spostato verso Toti".

Il presidente del Consiglio non assolve solo se stesso, ma difende l'operato di tutto il governo e torna a tracciare un paragone con il predecessore: "Basterebbe dare uno sguardo alle pratiche che abbiamo ereditato per capire che non è affatto vero che Letta era più competente di me, come ha scritto qualcuno". Il premier rassicura anche sul prosieguo delle riforme: "Da oggi le riforme sono più vicine non più lontane. Adesso dovrò aumentare i giri, non diminuirli". Le riforme che ha in cantiere, però, non servono a risollevare l'Italia. Per mesi ha immobilizzato il parlamento nell'inutile e lesivo braccio di ferro sull'Italicum, mentre il Paese veniva invaso da centinaia di migliaia di clandestini e il sistema Italia subiva gli effetti di una crisi economica senza precedenti. Ma, a chi glielo fa presente, Renzi riprende ad accusare il Pd: "Devo tornare a fare il Renzi pure lì. E farlo davvero. Infischiandomene delle reazioni per aprire una discussione dentro il mio partito". Ma ora, assicura, le cose cambieranno: "Ah, ma adesso basta, si cambia. Anche perchè tra un anno si vota nelle grandi città. Torino Milano, Bologna, Napoli, forse Roma".

E anche Roma potrebbe finire nella tornata: "Se torna Renzi 1, fossi in Marino non starei tranquillo".

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