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Toti se ne va da Forza Italia. Invece la Carfagna si sfila

Il governatore escluso dal nuovo coordinamento. Lui: «Esperienza finita». Critica Mara: «Si uccide il partito»

Toti se ne va da Forza Italia. Invece la Carfagna si sfila

Si chiude il Tavolo delle regole con una proposta approvata a maggioranza e nasce un coordinamento a 5 nominato da Silvio Berlusconi, per preparare il congresso nazionale di Forza Italia, a dicembre. Senza Giovanni Toti, che augura polemicamente «Buona fortuna a tutti!» e se ne va. Anche Mara Carfagna, inclusa nel comitato senza essere informata, reagisce male: «Questo è il modo migliore per uccidere Fi. Non farò parte del comitato di liquidazione». Giornata burrascosa quella che segue l'annuncio del leader azzurro di voler dar vita a una federazione di centro, L'Altra Italia, che aprirà il partito a diverse formazioni, liste e movimenti. Le pretese del governatore ligure di candidarsi in primarie aperte a successore di Berlusconi, come coordinatore unico, vengono stoppate con fermezza e il leader mantiene il suo ruolo, con «i poteri di indirizzo politico e la compilazione delle liste per le elezioni», che Toti voleva scippargli. Però, per rispettare la richiesta di elezioni e di maggiore democratizzazione e partecipazione dal basso, la monarchia non sarà più assoluta. Lo statuto sarà modificato per consentire le elezioni, secondo la proposta che al tavolo hanno votato in 3 su 5: il vicepresidente Tajani e le capigruppo Gelmini e Bernini, non Toti e neppure l'altra coordinatrice Carfagna. Prevede il voto degli iscritti, anche se aderiranno a 7 giorni prima dei congressi su una piattaforma web, per eleggere sia i delegati al congresso nazionale che sceglierà i 5 coordinatori con compiti organizzativi, sia i coordinatori regionali e i vice.

La riunione nella sede azzurra di piazza San Lorenzo in Lucina vede dunque sfumare le ambizioni di Toti, che aveva preannunciato fino alla mattina le dimissioni dal suo ruolo temporaneo, visto che la sua proposta era stata bocciata, ma non da Fi e invece, dopo l'annuncio di Berlusconi del coordinamento che non lo include e al suo posto nomina Sestino Giacomoni, sbatte la porta e consuma la scissione minacciata da mesi.

Ma sfumano anche le ambizioni della Carfagna, che dopo l'uscita del governatore, sperava di rimanere coordinatore unico anche se pro tempore, e prepararsi ad affrontare le primarie da una posizione di forza. La vicepresidente della Camera, però, capisce subito che le cose vanno diversamente e lascia il tavolo 10 minuti dopo l'inizio alle 15, dicendo che si sarebbe consultata con il Cavaliere sulle 3 proposte in discussione: la sua, quella di Toti e quella degli altri 3. Invece la riunione prosegue, quest'ultima viene approvata dalla maggioranza e il tutto si chiude senza di lei. Che su Fb commenta: «Non era quello che avevo concordato con Berlusconi». E anche in Forza Italia si levano diverse voci critiche: «Partito al bivio, Berlusconi torni temerario», sintetizza Osvaldo Napoli; Laura Ravetto parla di «occasione persa», per mentre Renato Brunetta l'esito del tavolo è «fallimentare e inadeguato».

A questo punto, la situazione precipita anche per Toti, che non ha altra scelta che lo strappo, mentre in mattinata non sembrava deciso, pur criticando il progetto de L'Altra Italia («Non credo che una federazione di centro equidistante dai poli di destra e di sinistra possa mai essere una soluzione») e dicendo: «Temo che sarà in assoluto una delle più brutte giornate degli ultimi anni per Forza Italia». Solo all'uscita dall'incontro, però, il governatore capisce che non può più temporeggiare: «Mi pare che ci siano le condizioni per cui ognuno vada per conto suo. Semmai è Forza Italia che esce da sé stessa... Non si ha intenzione di cambiare alcunché, dunque credo che questa avventura, cominciata il 19 giugno per provare a cambiare qualcosa, onestamente finisca qua».

In sostanza, Berlusconi si riprende il partito, dopo aver concesso una breve diarchia che non è risultata costruttiva ma anzi ha alimentato polemiche e divisioni interne. Gli incarichi conferiti un mese e mezzo fa sono «superati», annuncia in una nota il presidente e il nuovo organismo direttivo ha già un tracciato netto davanti.

Al Congresso, non si eleggerà il successore del Cavaliere.

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