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Il toto Colle ora parte davvero: sale Mattarella, scende Delrio

Tra autocandidature e paura di bruciarsi alla fine chi sarà eletto?

Il toto Colle ora parte davvero: sale Mattarella, scende Delrio

Roma - Fuori i nomi, anzi fuori il nome. Il gioco delle autocandidature al Quirinale impazza sui giornali prim'ancora che nei Palazzi, dove i ragionamenti che si fanno per ora prescindono dal nome del «papabile». Prudenza o scaramanzia a parte, il premier Renzi sta conducendo un legittimo tentativo di guidare le danze: non solo per evitare brutte figure, quanto perché dal futuro inquilino del Colle dipende anche la sua futura agibilità politica (specie in assenza di risultati). Il problema è come creare le condizioni di fondo per far crescere la rincorsa dei «cavalli» che ha in mente e che tirerà fuori a seconda degli schemi che si presenteranno.

STORIA DOCET. Dei dieci presidenti è assai interessante leggere il corsus honorum istituzionale. La carica che mette in pole position è quella di presidente della Camera: lo erano stati due volte Gronchi, Leone e Pertini, una Scalfaro e Napolitano. Curriculum legati all'attività di governo quelli di Segni e Cossiga, mentre governatori Bankitalia erano stati Einaudi e Ciampi. Uno solo aveva fatto prevalentemente attività di partito, Saragat, assumendo meriti per aver diviso i socialisti.

IL PESO DEL CANDIDATO. Mutati i tempi, calata la caratura, oggi ad avere curriculum istituzionali all'altezza sono in due: Prodi e Amato , «campioni» di schemi agli antipodi. Il fondatore dell'Ulivo e del Pd, sempre che Berlusconi non ponga veti (ma ha detto di non porne), rappresenterebbe il suggello alla pacificazione nazionale. Con un occhio all'economia e fittissima rete internazionale, tali però da farne lo spauracchio di Renzi, che si potrebbe sentire sminuito, addirittura «commissariato». Se le sinistre e i grillini trovassero sponda nel Pdl (fittiani), il suo nome salirebbe nelle prime tre votazioni, fino a porre Renzi di fronte al bivio: farlo suo candidato o mollarlo e precipitare verso l'incognito. Amato, assai più gradito al centrodestra, potrebbe invece essere impallinato all'interno del Pd. Come il suo passato testimonia, per il premier sarebbe l'arbitro perfetto per il Colle: competente senza soverchiarlo. Meglio ancora di Amato, nella logica del premier, è Rutelli , capofila di tutti i suoi più stretti collaboratori. Ma assai scarno il curriculum , e variopinto: da radicale a verde, da assaltatore anticlericale della Camera a teo-dem , fino alla scandalosa Margherita. Soluzione di ripiego: Mattarella , giudice costituzionale, ma figura politica sbiadita.

PARTITO BOYS. Figure rilevanti solo per presenza sulla scena politica, giornali e talk show (almeno quando erano in auge). Hanno ricoperto cariche di partito, e poco altro. Il numero uno è Veltroni , azzoppato però dalla presenza del suo ex vice capo gabinetto Odevaine in Mafia Capitale . Poi Fassino , che avrebbe gran voglia di mettersi alla pari dei corazzieri. O Franceschini , già portaborse di Marini (a proposito: l'ottantenne ex presidente del Senato s'è rifatto vivo, dopo la cocente delusione del 2013, per dire di «non essere disponibile» - da leggere all'incontrario). Infine Castagnetti , del quale non si ricordano né opere né omissioni, e la coppia Bassanini-Lanzilotta , marito e moglie, entrambi aspiranti ma assai lontani dall'identikit che serve. Se non a Renzi, gallo del pollaio.

MATTEO GIRLS. In un possibile impasse , Renzi avrebbe sempre la carta in grado di sparigliare, futile come pretendono i tempi: la presidente donna. La triste uscita dalla corsa della Bonino, unica adeguata alla bisogna, fa sì che ne restino in lizza tre: Finocchiaro , Pinotti e l'ex ministro Severino . Gradite nella rosa per questioni di audience , hanno peso lieve, lievissimo, proprio come piace a Renzi. Forse non ai partner Ue.

SURPRISES. Se potesse fare da solo, avrebbe già deciso: tirerebbe una monetina tra Delrio e Padoan , poi farebbe il tweet di felicitazioni. Ma la situazione potrebbe incancrenirsi e sfuggire dalle mani di Renzi. In questo caso, a nutrire speranze suffragate da percorsi istituzionali, sono Grasso e Violante (unico ex presidente della Camera spendibile, anche se inviso a buona parte del Parlamento). Se si andasse per le lunghe, visto che in teoria toccherebbe a un cattolico, sarebbe(ro) Casini .

Un maestro del genere.

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