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Il totopremier dei salotti: Belloni, Cartabia o Alleva

Non è ancora tramontato il governo «neutrale»: si sprecano e si bruciano nomi tecnici e super partes

Il totopremier dei salotti: Belloni, Cartabia o Alleva

Alla fine, l'unico punto d'accordo nel triangolo Salvini-Di Maio-Quirinale sembra prendere tempo ed evitare un voto a luglio che nessuno vuole. Per il resto, mentre i due capi-partito si inseguono in proclami dal sapore più elettoralistico che governativo e il mitologico «tavolo programmatico» macina interminabili quanto vacui dibattiti sullo scibile umano (ieri sarebbe stato raggiunto un epocale accordo sulla tassa di soggiorno, annunciano trionfali i commensali, ammettendo però che su altri problemi minori, come il rapporto con la Ue, le distanze restano vaste), l'orizzonte di un nuovo governo appare ancora assai nebuloso. Così nebuloso, tanto più dopo i tonanti comizi anti-Europa di Matteo Salvini, che al Colle è risalito il pessimismo e si è ricominciato frettolosamente a muoversi in parallelo per preparare la scialuppa di salvataggio: nel caso in cui i due loquaci leader non riuscissero dopo tante chiacchiere a quagliare un accordo concreto, servirà un «governo del Presidente» per traghettare il paese fino alla sessione di bilancio. Il presidente vorrebbe proporre un esecutivo che faccia la prossima Finanziaria, per evitare forti rischi di contraccolpi economici, e che, come disse il 7 maggio, «concluda la sua attività a fine dicembre», per andare al voto in febbraio. Ma già mette in conto il niet di grillini e leghisti, atterriti dall'idea che la legislatura possa decollare con un governo in funzione e loro fuori dalla porta. Dunque l'ipotesi più probabile è un esecutivo tecnico e senza maggioranza, per arrivare al voto entro - massimo - il 30 settembre. Dopo di che, si valuta, un governo partirà per forza, e farà rapidamente la legge di Bilancio.

Si ricominciano a vagliare nomi e profili per un esecutivo «neutro»: tornano in ballo per la premiership le ipotesi di nomi femminili, dalla diplomatica Elisabetta Belloni alla giurista Marta Cartabia, vice presidente alla Consulta. Ma spunta anche un nuovo nome, l'economista Giorgio Alleva, presidente dell'Istat. Un governo minimal, con pochi ministri (appena 13, l'ipotesi) e nomi di prestigio tra i ministri: si evocano Anna Maria Tarantola (Bankitalia) e l'economista Lucrezia Reichlin, il professor Guido Tabellini (che ha respinto seccamente al mittente le avances di Lega e Cinque Stelle) e dell'ex commissario ai tagli della spesa Roberto Perotti.

Intanto tra Lega e Cinque Stelle continua il sordo scontro di potere su nomi e profilo di un governo «politico» che sembra sempre più lontano. Il nodo resta lo stesso: chi avrà il bastone del comando. «Salvini mi ha detto che Di Maio vuole fare il premier», conferma il professor Giulio Sapelli, candidato premier filo-Lega per lo spazio di un mattino. E qui, i veti del Colle pesano: Di Maio, che ha in testa di sedersi lui a Palazzo Chigi, si è impegnato a reinventarsi come moderato filo Ue per accreditarsi con il Quirinale, conoscendone le forti perplessità sul radicalismo di Salvini. Il quale invece ha capito che gli era probabilmente preclusa la postazione da cui sognava di guidare la lotta anti-migranti, le popolari battaglie pro-sicurezza e in favore della legittima difesa, ossia il Viminale. Una postazione che gli avrebbe garantito una visibilità e un margine di azione tale da bilanciare il premier.

Per la guida del governo si è spesso fatto, in alternativa ai grillini, il nome di Giancarlo Giorgetti. Che però le voci dal Carroccio descrivono come uno dei big più ostili all'accordo con il movimento di Casaleggio. Così, nell'incertezza, continuano a galleggiare nel vuoto i nomi di tecnici buttati in pista, come il misterioso amministrativista milanese Giuseppe Conte, sponsorizzato dai Cinque Stelle e sconosciuto ai più.

Ma non sconosciuto sul Colle, dicono i ben informati: sarebbe stato infatti Ugo Zampetti, segretario generale del Quirinale e prima della Camera (dove ha conosciuto e preso sotto la propria ala il giovin Di Maio, appena sbarcato da Pomigliano), a presentarlo all'aspirante leader, che lo ha usato in questi giorni come carta di riserva.

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