Cronache

Trans spiega ai cronisti come si scrive un pezzo "correttamente gender"

Bacchettati i media: "I casi Marrazzo e Lapo Elkann esempi di pessima informazione"

Trans spiega ai cronisti come si scrive un pezzo "correttamente gender"

Sarà una semplice coincidenza, ma non appena si comincia a parlare di «mala informazione» sul megascreen appare un titolo di giornale a tutta pagina: «Marrazzo avvertito da Berlusconi: A Milano hanno un video contro di te». Il riferimento è alla vicenda che coinvolse l'ex governatore del Lazio, una prostituta transgender e dei carabinieri maneggioni; il tutto ben condito da sesso e presunte bustine di cocaina. Benvenuti al corso «Trans-Ame, trattiamo il genere: un percorso insieme». Ma «insieme» a chi? Precisiamo che «trans» sta per transessuale (o transgender) mentre Ame sta per Associazione medici endocrinologi.

Che c'entra allora la «mala informazione»? Il suddetto corso (che potremmo ribattezzare «Professione: reportergender») era infatti accreditato anche dall'Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Si spiega così come alcuni dei relatori abbiano centrato i propri interventi sul linguaggio mediatico da usare in tema di transessualismo. Con tanti saluti per quel vecchio genere (anzi, gender) di cronisti ancora convinti di poter trattare notizie sui transessuali usando le normali parole contenute nel vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli. Grazie al corso, che si è svolto due giorni fa nel Palazzo Reale di Milano, abbiamo invece scoperto che il vecchio dizionario è stato soppiantato da uno nuovo, anch'esso devoto, ma solo al lessico Lgbt (sigla onnicomprensiva che sta per lesbiche, gay, bisessuali e - appunto - transgender). Al giornalista «all'antica» che ha seguito il corso non rimane ora che un'opzione: licenziarsi dal giornale e diventare un attivissimo fautore dello «Sportello Trans» curato da Ala Onlus, altro autorevole sponsor del corso. Ala (Associazione lotta all'Aids) propugna da sempre la «filosofia transgender» (perfino nelle scuole elementari), e fin qui tutto ok.

Per quei pochi retrogradi lessicali che ancora ignorano il significato del termine transgender, ricordiamo che esso riassume l'«atteggiamento sociale e sessuale che combina caratteristiche del genere maschile e di quello femminile, senza identificarsi interamente e definitivamente in nessuno dei due». È fin qui, ancora una volta, tutto ok. Nulla di strano, quindi, se i teorici dell'Ala vogliano anche indottrinare i giornalisti su come esprimersi quando il protagonista di un fatto degno di finire sulla stampa o in TV sia un appartenente alla variegata comunità Lgbt.

Fatto sta che l'Ordine dei Giornalisti lombardi, dopo - immaginiamo - lunghe e accurate selezioni, ha individuato proprio nell'associazione Ala il partner più idoneo per «formare» i cronisti. «Nati in un corpo sbagliato. Luci e ombre nella comunicazione», eccola la nuova emergenza mediatica. Risultato: al microfono si sono alternati transessuali e membri dell'Ala, accomunati dal lodevole obiettivo di «contribuire a sdoganare la transessualità». Motivo per cui i casi «Marrazzo», «Lapo Elkann» e i recenti stupri di Rimini sono stati additati alla platea come «esempi di mala informazione».

Sul palco una famosa scrittrice trans non ha risparmiato critiche anche al legislatore italiano «assolutamente inadeguato rispetto al tema della tutela della libertà di genere» che invece - sempre a giudizio della scrittrice trans - vedrebbe nelle «norme maltesi un modello virtuoso da imitare». Qualcuno in sala, a voce molto bassa, ha commentato: «Il cambiamento che le organizzazioni trans vogliono produrre, agendo sulle parole, è la negazione della realtà». Basti pensare - come ricorda il mensile La nuova Bussola Quotidiana - agli insulti ricevuti dai promotori del «Bus della libertà», il pullman che sta girando per l'Italia con la scritta «I bambini sono maschi, le bambine sono femmine».

«Un'iniziativa - spiegano i promotori - per ricordare l'ovvio, ma che esponenti Lgbt hanno bollato come seminatrice d'odio e istigatrice alla transfobia».

Quando si dice l'«informazione corretta».

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