Economia

Trattativa senza sbocco sul salvataggio di Mps. Il titolo precipita ancora

A tre giorni dall'esito degli stress test la banca di Siena nel mirino: -8,4%. Il nodo sofferenze

Trattativa senza sbocco sul salvataggio di Mps. Il titolo precipita ancora

Tre giorni. Quelli che mancano alle 51 banche Ue per conoscere i risultati dei test dell'autorità bancaria europea in uscita alle 22 di venerdì sera. Ma l'istituto più stressato del Vecchio Continente è il Monte dei Paschi.

Stressato da una trattativa lungo l'asse Roma-Bruxelles di cui è stato detto (dalla politica) molto ma che non ha ancora portato a provvedimenti concreti. E stressato dalla Borsa che ormai ha trasformato l'istituto senese nell'iceberg del sistema bancario nazionale: il titolo ha ripreso a cadere ieri chiudendo la seduta con un -8,4% a 0,28 euro, non lontano dal minimo storico di 0,265 euro del 7 luglio scorso (nell'ultimo anno le azioni hanno perso l'84,5% del loro valore). La capitalizzazione è tornata nuovamente sotto al miliardo di euro, attorno a 850 milioni. Il mercato sembra dunque convinto che delle cinque italiane oggetto dell'esame dell'Eba, Rocca Salimbeni sia quella che rischia di più. Salve, invece Intesa Sanpaolo (-1,84%), Banco Popolare (-1,64%) e Ubi (+0,22%) mentre Unicredit (ieri +0,35%) sarebbe posizionato a un livello inferiore della classifica ma comunque in zona medio-alta.

Va ricordato che gli stress test 2016 non prevedono soglie minime di capitale da rispettare nello scenario avverso, ma le risultanze delle prove di stress saranno utilizzate per fissare a fine anno l'asticella di capitale minimo che ciascuna banca dovrà avere a partire dal 2017. A differenza del test fatto nel 2014, dunque, il verdetto sarà meno chiaro e potrebbe lasciare il campo alla speculazione: anche per questo si è deciso di comunicarlo venerdì a mercati chiusi, dando il tempo agli investitori di «digerirlo» e analizzarlo.

Dal punto di vista finanziario, e al di là dell'esito degli esami del 29 che non è scontato, i vertici del Monte stanno ancora negoziando con la Bce il piano di riduzione delle sofferenze che prevede l'intervento di Atlante. Proprio ieri il fondo capitanato da Alessandro Penati ha ottenuto il sostegno dell'Adepp (l'associazione degli Enti previdenziali privati) che metterà un «obolo» di 500 milioni.

L'entità dell'aumento che dovrà essere varato da Mps dipenderà comunque dal prezzo di vendita dei crediti deteriorati senesi: si ipotizza un valore tra il 27% e il 33% del valore delle sofferenze, ora a carico nei libri del gruppo toscano al 36,7% (in questo caso la perdita sull'operazione potrebbe essere tra un massimo di 2,7 miliardi e un minimo di un miliardo). Più alto sarà il prezzo di cessione rispetto a quello di carico, meno soldi Siena dovrà chiedere ai suoi soci e al mercato. Abbassando anche i rischi di un eventuale inoptato da coprire con una garanzia pubblica che farebbe però alzare il cartellino giallo della Commissione Ue e scattare le regole sul bail in (ovvero il sacrificio degli investitori subordinati che potrebbero dover convertire i loro bond in azioni).

A Milano i riflettori sono puntati su Mps ma in realtà l'Europa deve guardare anche a Deutsche Bank che domani pubblicherà la trimestrale. Secondo Edward Misrahi, ex partner di Goldman Sachs e fondatore dell'hedge fund Ronit Capital, il rischio per il colosso tedesco è quello di essere nazionalizzato. Anche George Soros, all'indomani del referendum sulla Brexit aveva detto di scommettere sul crollo del titolo. Lo scorso anno la banca ha chiuso il bilancio con una perdita di 6,8 miliardi e sui conti continuano a gravare le gigantesche spese legali a seguito del coinvolgimento dell'istituto in alcune operazioni illecite come la manipolazione dell'indice Libor o del mercato dei metalli preziosi.

Quello che però da tempo rappresenta il tallone di Achille sono i 30 miliardi in titoli derivati cui non si riesce a dare un prezzo perché non scambiati sui mercati e non equiparabili ad altri prodotti simili.

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