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La trattativa Stato-mafia al Colle: parla Napolitano

L'udienza a porte chiuse al Colle comincerà alle 10, ammessa solo una quarantina di persone

La trattativa Stato-mafia al Colle: parla Napolitano

L'ora del redde rationem tra il Colle e la Procura di Palermo è arrivata. E se alla fine degli anni '90 fu quello per mafia a Giulio Andreotti l'evento giudiziario ribattezzato il processo del secolo, la testimonianza, oggi al Quirinale, del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al processo sulla trattativa Stato-mafia è sicuramente un evento che passerà alla storia. Non tanto per quello che Napolitano dirà, perché, almeno per quanto riguarda i dubbi del suo defunto consigliere giuridico Loris D'Ambrosio, il capo dello Stato ha già fatto sapere per lettera che nulla sa e nulla è in grado di aggiungere rispetto a quella missiva, che peraltro ha reso nota lui stesso. No, il vero evento storico è il fatto in sé: un presidente della Repubblica alla sbarra a cui - a una settimana dalla deposizione, con un deposito di atti in zona Cesarini - è stato comunicato che dovrà rispondere anche sul rischio attentati di mafia lanciato dal Sisde nel '93 per lui, all'epoca presidente della Camera, e per Giovanni Spadolini, che nel '93 guidava il Senato, e che potrà aver fatte domande pure dal difensore di Totò Riina, Luca Cianferoni.

Su il sipario, dunque, su uno spettacolo che, in siciliano, potrebbe intitolarsi La mascariata (mascariare vuol dire imbrattare, sporcare, ndr ) visto che l'effetto che ottiene, con l'accostamento al tema della trattativa con i boss, sono le ombre sul capo dello Stato, comunque vada. E infatti, già da ieri, gli anti-Colle si sono scatenati: Grillo a sponsorizzare dal suo blog il film di Sabina Guzzanti «La Trattativa»; la stessa Guzzanti a sentenziare, via Passaparola sul blog di Grillo: «Napolitano c'entra con la trattativa dal punto di vista politico». Sempre dal mondo politico, è un coro sul sì a che l'udienza sia resa pubblica (per tutti Maurizio Gasparri).

In questo clima oggi ciak, si gira. Tra le 9 e 15 e le 9 e 40 potranno entrare al Quirinale le parti ammesse all'udienza, una quarantina di persone: la Corte d'Assise presieduta da Alfredo Montalto, con la propria cancelliera e 8 giudici popolari; i pm del processo, Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, guidati loro malgrado (qualche giorno fa hanno litigato in Procura perché i pm non gradivano la sua presenza) dal procuratore capo facente funzioni Leonardo Agueci; gli avvocati degli imputati e quelli delle parti civili. Vietati telefonini, tablet, computer. E porte chiuse anche ai giornalisti, tra le proteste dell'Unci che chiede che si consenta la presenza di un pool di cronisti. L'udienza sarà registrata da un tecnico del Quirinale. Ieri, in una riunione fiume, i pm (farà le domande l'aggiunto Teresi, ma potranno intervenire anche gli altri) hanno messo a punto per iscritto le domande, una ventina. Pronto a tartassare il presidente anche l'avvocato Cianferoni, che ieri ha fatto sapere che Riina è «dispiaciuto» di non poter partecipare. L'udienza inizierà alle 10.

E per Napolitano, a meno che non ritiri in extremis la sua disponibilità (ne ha facoltà) non sarà una passeggiata.

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