Politica

Il tricolore sul monte Kenya L'impresa rivive 74 anni dopo

Gli scalatori dei «Lupi delle vette» sulla cima. Nel 1943 ci riuscirono tre italiani evasi da un campo di prigionia

Giannino della Frattina

Milano C'è un Tricolore che è tornato a sventolare sui quasi 5mila metri del monte Kenia, la prima vetta del Paese e la seconda dell'Africa all'ombra del mito Kilimangiaro. Ma soprattutto c'è qualcuno che ha avuto voglia di issarlo, dopo un'avventurosa ascesa durata quattro giorni. Sono alcuni dei componenti dell'associazione Lupi delle vette, partiti da Milano e arrivati fino all'equatore per ricordare la rocambolesca e terribilmente romantica impresa dei tre prigionieri italiani che nel 1943 fuggirono da un campo di prigionia inglese per salire lassù a portare la bandiera italiana. Ciò che è incredibile è che non avevano attrezzatura e soprattutto nessuna intenzione scappare da una prigionia benché ingiusta, ma solo un cuore grande e una terribile insofferenza per la monotonia della vita da reclusi.

«Leggendo i racconti di quei tre italiani che sfidarono la sorte col solo scopo di elevarsi e riscattarsi come uomini, abbiamo deciso di seguirne le orme, sia fisiche che spirituali - si legge nel profilo Facebook dei Lupi delle vette - Siamo quindi partiti dai 2.600 metri della Sirmion Gate alla volta della Punta Lenana, dove dall'alto dei suoi 4.985 metri il Tricolore aspettava di essere ripristinato da ormai troppo tempo». Primo giorno, raccontano, fino ai 3.300 metri del primo campo base, il secondo fino a quota 4.200, poi un giorno di acclimatamento e io successivo a 4.600. «Il quarto giorno siamo partiti alle tre del mattino, volevamo arrivare in cima con il nostro tricolore alle prime luci dell'alba. E così è stato».

Tutto per ricordare l'impresa di quei tre prigionieri, raccontata nel libro Fuga sul Kenya, 17 giorni di libertà da Felice Benuzzi. Nominato volontario coloniale nel ruolo di governo del ministero dell'Africa italiana nel 1938, nel 1939 viene destinato al governo generale dell'Africa orientale italiana ad Addis Abeba. Nel 1941, quando l'Etiopia è occupata dagli inglesi, viene fatto prigioniero e avviato ai campi di prigionia del Kenya, allora sotto il protettorato inglese. Nel 1943 si trova nel campo 354 a Nanyuki, alle pendici del Kenya dove progetta e realizza la sua fuga con Giovanni Balletto e Vincenzo Barsotti. I tre evadono il 24 gennaio dopo aver disciplinatamente lasciato all'ufficiale un biglietto per spiegare il motivo della fuga e assicurando il ritorno entro due settimane. Le pendici del Momnte Kenia, la valle del fiume Nanyuki, gli animali pericolosi (leopardo, rinoceronte, elefante), la tempesta di neve. Poi finalmente la vetta, il picco Lenana dove lasciano la bandiera italiana e una bottiglia con dentro un messaggio. Tornati spontaneamente al campo di prigionia, si rivestono e ripuliscono prima di consegnarsi per essere sottoposti alla prevista punizione. Un isolamento che durerà fino a quando una pattuglia inglese, equipaggiata però adeguatamente, salirà in vetta e potrà verificare che la loro non era una frottola, ma che il Tricolore effettivamente sventolava sulla cima del Kenya. Con grande ammirazione gli ufficiali annullano la punizione dopo aver rimosso la bandiera italiana per far posto a quella inglese.

«Ripercorrendo la lunghissima via fino alla vetta - racconta ora uno dei Lupi delle vette - ci siamo resi conto di quanta forza interiore dovesse animare Benuzzi e i suoi compagni d'avventura: un dislivello notevole, un clima molto severo. Quella che oggi è una lunga via di alta quota, allora fu una vera e propria impresa contro ogni speranza.

Animati da questi esempi, in fuga forse anche noi non da un campo di prigionia ma da un Paese che quotidianamente rinnega i propri figli, col sole che ancora non si era fatto del tutto largo all'orizzonte, abbiamo dunque issato il Tricolore affinché tornasse fieramente a sventolare lì dove lo avevano portato quegli eroi della nostra grande e amata Patria».

Commenti