Cronache

Il triste record del paese del boss Messina Denaro Nessuno paga le imposte

A Castelvetrano buco di 42 milioni di euro nelle casse comunali. Una mancata riscossione del 65%

Il triste record del paese del boss Messina Denaro Nessuno paga le imposte

Valentina Raffa

C'era una volta il Paese della cuccagna, quello in cui non si pagavano le tasse. Niente imposte sui rifiuti, sugli immobili, sul servizio idrico e pubblicitarie. Ma la storia finisce qui perché finalmente la pacchia per aziende, commercianti e singoli cittadini è stata scoperta e interrotta. Castelvetrano (Trapani) la città nota per avere dato i natali al super latitante Matteo Messina Denaro, sarà ricordata per il suo record imbattibile di un buco fiscale quantificato dai commissari straordinari, inviati dal ministero dell'Interno dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, di ben 42 milioni di euro (35,5 milioni di entrate tributarie e 7,3 milioni di extra tributarie).

Gli altarini sono stati scoperti dopo il caso del consigliere comunale Lillo Giambalvo, arrestato con l'accusa di aver favorito la mafia in base a intercettazioni di elogio e di aneddoti sul super latitante Messina Denaro, e poi assolto. Il sistema che si era venuto a creare ha dell'incredibile. Perché non si tratta solo del mancato pagamento delle imposte da parte dei contribuenti, ma si aggiungeva la complicità della mancata riscossione. Per non parlare delle ciliegine sulla torta. Tante. Sono state individuate persino concessioni edilizie e convenzioni a canoni risibili di cui hanno giovato alcuni favoreggiatori di Messina Denaro. E che dire del caso in cui il Comune paga una locazione alle Ferrovie dello Stato per un bene che poi viene concesso a un soggetto privato a costo zero. «Episodi come questo - commenta Salvatore Caccamo, presidente della Commissione straordinaria che amministra il Comune - creano un doppio danno erariale concreto».

Nell'ultimo quinquennio il Comune ha avuto una mancata riscossione del 65%. «Più della metà non pagavano dice Caccamo - La lotta all'evasione si è assestata all'1,50%. Questo significa che l'evasione era legalizzata». Il sistema era ben studiato. «Le ingiunzioni fiscali andavano in prescrizione dopo 5 anni, e questo è avvenuto regolarmente dice Caccamo - A volte tornavano indietro perché il destinatario era sconosciuto o incerto, oppure perché la postalizzazione non raggiungeva gli obiettivi da raggiungere. Anche la riscossione coattiva è stata deficitaria per gli stessi motivi». E ci sono anche i meccanismi di elusione. Ma il bengodi è finito. E le 1.400 cartelle esattoriali che stavano per scadere lo scorso dicembre non finiranno prescritte, perché la Commissione le ha rinotificate per tempo.

I debitori più corposi sono tre aziende: Saiseb, che ha costruito l'impianto di depurazione (deve 1,7 milioni), Gemmo, che ha realizzato la rete dell'illuminazione pubblica (1,8 milioni) e Trapani Servizi, ente gestore della discarica (700mila euro). Con tutti e tre è stato stipulato un piano di rientro. Per la restante parte invece è stato definito un piano di rateizzazione, che prima non esisteva, e sono già arrivate istanze di pagamento per 1,5 milioni di euro. «È un segnale che adesso è ora di riscuotere» dice Caccamo, coadiuvato dai commissari Elisa Borbone e Maria Concetta Musca. Della riscossione si occuperà una società esterna di Lucca. Nel 2017 le tasse da riscuotere ammontano a 12 milioni. Bisognerà recuperare tutto visto che il Comune tra il 2012 e il 2017 ha ricevuto 32 milioni dallo Stato, che ora dovranno ritornare indietro.

E per iniziare a pagare i debiti pregressi, oltre agli stipendi, i commissari hanno ottenuto un'anticipazione di 6,3 milioni riservati ai Comuni sciolti per mafia.

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