Politica

Troppe maggioranze variabili I conti del premier non tornano

Altro che «due forni» come teorizzava Andreotti. L'alleanza a turno con Ap Sel, Ala o M5S non basterà se la Ue imponesse misure economiche sgradite

Troppe maggioranze variabili I conti del premier non tornano

Un tempo era la politica dei due forni a fare scandalo. La teorizzò Giulio Andreotti e consisteva nella ricerca del «pane» più economico. Maggioranze alternative con il Psi o in Pci a seconda di chi faceva poche storie e pretendeva di meno in cambio dell'appoggio al governo. La terza repubblica renziana ha definitivamente liberalizzato il mercato politico e il governo in carica ha avviato una stagione fatta di tante maggioranze alternative, a seconda delle leggi da approvare. Molto simile ai vecchi governi di minoranza. Maggioranze variabili sulle riforme. A partire da quella del ministro Maria Elena Boschi con il capitolo delicatissimo del Senato. In prima lettura, proprio a Palazzo Madama, c'era l'appoggio di Forza Italia. È stato approvato definitivamente con i voti di Ala, i fuoriusciti dal partito di Silvio Berlusconi. Da quel momento, sul filo della maggioranza assoluta, con la sinistra del Pd a fare da ago delle bilancia. Stesso disegno per l'Italicum, approvato in prima lettura con il sostegno degli azzurri e senza la minoranza democratica e poi approvato senza Forza Italia. Cambiamenti obbligati, causati dal clima sulle riforme mutato dopo l'elezione a presidente della Repubblica di Sergio Mattarella. Ma per Renzi il voto per il Quirinale è stato anche il tana libera tutti. Da quel momento non ha escluso nessuna alleanza, nemmeno quella bersaniana, contro la quale si scagliò quando era in corsa per la guida del Pd, con il Movimento cinque stelle. I giudici della Corte costituzionale votati dalla maggioranza atipica Pd-Cinque stelle era, nelle intenzioni, un banco di prova per le sfide future. Come le unioni civili. I voti grillini dovrebbero arrivare, a rimpiazzare i no che arriveranno inevitabilmente dai cattolici della maggioranza, in primo luogo del Pd. Quando questa strategia sia debole è dimostrato dal fatto che il governo non voglia il voto segreto. Il pane del «forno» M5S, se la posta in gioco finisse per essere la caduta del governo Renzi, potrebbe non essere consegnato.Sfida difficile quella di tenere tutto insieme per Matteo Renzi. La maggioranza al Senato - come rilevava ieri su Twitter il giornalista Antonio Polito - è fatta di 112 eletti nel Pd e 53 che vengono dal centrodestra. Nella maggioranza che Renzi vuole attivare per le leggi indigeste ai moderati della coalizione, in particolare cattolici, entra anche Sinistra Italiana. Partito nato per opporsi al premier. Sulle unioni civili il pallottoliere della maggioranza deve per forza includere anche il Gruppo misto. Elementi di debolezza che fanno venire meno il pregio principale delle maggioranze variabili, quello di ottenere il voto di fiducia con un costo politico ridotto. Le unioni civili potrebbero segnare uno spostamento a sinistra del governo Renzi. Ipotesi percorribile politicamente, ma difficilmente digeribile sotto altri punti di vista. Sui provvedimenti economici il governo ha sempre pescato tra i moderati, in particolare al Senato dove raggiungere quota 161 non è facile. Fare scelte di politica economica che accontentano la sinistra del suo partito potrebbe diventare sempre più difficile. Il prossimo anno l'Europa potrebbe chiedere misure sgradite a un pezzo di maggioranza. E il premier dovrebbe cercare alternative. I 18 senatori del gruppo Ala che fa capo a Denis Verdini potrebbero risultare insufficienti.

E la politica dei tanti forni potrebbe saltare.

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