Cronache

Troppo caos in cima. La montagna ora è a numero chiuso

Accessi limitati sul Passo Sella, ma anche per salire sul Monte Bianco serve un permesso

Troppo caos in cima. La montagna ora è a numero chiuso

Volere scalare. A numero chiuso. Una cima per molti, ma non per tutti. Sull'Himalaya da anni si distillano permessi contingentati e diversi per passeggiare al campo base dei vari Ottomila o per provare a spingersi oltre, ma la selezione all'ingresso la fanno già natura, allenamento e, soprattutto, il conto in banca per ottenere il nulla osta. Sulle Dolomiti a passo Sella è da poco entrato in vigore una sorta di Area C per auto e moto. Ora, però, anche varcare quota quattromila sulle Alpi potrebbe somigliare sempre più ad entrare in una ztl. Gratuita si, ma ad acceso regolamentato. Succede questa estate sul Monte Bianco dalla via normale francese, la più affollata perché - pur impegnativa - è pur sempre la più facile. La più frequentata perché è anche la via di discesa preferita da chi salga dalle altre due vie normali, la italiana e quella che passa sul filo delle creste di confine. Risultato? Un rifugio avveniristico, il Gouter che, a quota 3835, con 120 posti, ottime zuppe e una vista mozzafiato sugli ultimi mille metri alla vetta, registra più passaggi che la barriera di Melegnano. Perennemente fully booked, si riserva un gruzzolo di posti di emergenza che includono anche il pernotto sotto ai tavoli della sala da pranzo. Ci dormi che è una meraviglia se dal Bianco stai scendendo, un po' più incupito se sul Bianco ci devi ancora salire l'indomani, dopo quelle poche ore di sonno. Il riparo ad un alpinista va, però, sempre concesso. Lo impone la legge scritta dagli uomini e anche quella non scritta del buon senso. E ad alta quota, si sa, le Ong non c'entrano. Arrivano però ora i gendarmi mandati dal prefetto del distretto di Chamonix - Saint Gervais Les Bains e invocati dal gestore del rifugio dopo un paio di confronti, non proprio improntati all'etichetta dell'alta quota, con alcuni avventori non annunciati. Da oggi chi non ha prenotato non sale. Gli agenti si piazzano già all'arrivo del trenino che porta in quota da Les Houches: «Sans reservation a bientot», giri i tacchi e torni a valle. Eccessivo? Troppi ormai quelli che «Non prenoto perché, se cambio idea o fa brutto, almeno non ci rimetto la caparra e tanto, una volta che sono li, non possono cacciarmi». Ecco la potente intuizione dello lo scalatore medio che purtroppo rischia di rovinare un po' a tutti la poesia. Il problema del sovraffollamento del tetto d'Europa non è nuovo: sulla via normale negli anni hanno addirittura costruito un secondo rifugio per «diluire» traffico e potenziare capienza: ma il Tete russe se ne sta troppo più a valle, 1640 metri (contro i mille scarsi del Gouter) sotto la cima e prima di quel canalone franoso che tutti sanno essere il vero punto chiave di ogni ascesa al Bianco francese. E allora quel rifugio val bene un te in salita o una birra e un brindisi in discesa. Ma tutti vogliono dormire in prima classe, o meglio più in alto che si può, prima dell'«assalto alla vetta». Gli anni scorsi il governo aveva anche dislocato un mite sherpa in pensione che controllava, amichevolmente, l'attrezzatura e dissuadeva i più improvvisati dal proseguire. Iniziativa fallita, sherpa con le pive nel sacco. Si perché, oltre all'allergia alle prenotazioni, il nuovo trend fra gli alpinisti pare quello di viaggiare leggeri. Troppo e ad imitazione degli skyrunner o ultra trailer che scalano i monti correndo in shorts e scarpette chiodate. L'ultimo record? Marco De Gasperi, a fine giugno, su e giù dal Monte Rosa in 4 ore 20'33. Per loro però è una professione. E al rifugio non prenotano semplicemente perché non hanno tempo (!) di fermarsi. A tutti gli altri occorrono due giorni, ramponi, giacca a vento, piccozza e fiato.

E possibilmente una bella dormita, previa prenotazione.

Commenti