Cronache

Trovato il corpo di Nicolò Le lacrime del papà: "Medaglia a chi ha scavato"

La famiglia travolta dalla piena otto giorni fa I volontari non hanno mai smesso di cercare

Trovato il corpo di Nicolò Le lacrime del papà: "Medaglia a chi ha scavato"

Valeria Braghieri

Il corpo del figlio. Glielo avevano promesso e hanno mantenuto la parola data. Anche se è una fitta dover garantire solo un corpo, senza vita dentro. Ma non è poca cosa riconsegnare l'involucro di un figlio a un padre. Non è poca cosa arrivare in tempo perché venga seppellito assieme alla mamma e al fratellino. Perché così ha deciso Angelo Frijia, il marito di Stefania Signore (30 anni), il padre di Cristian (7) e Nicolò (2), morti lo scorso 4 ottobre travolti dalle acque del fiume Cantagalli vicino a Lamezia Terme. Ha deciso di rinviare ad oggi i funerali della moglie e del figlio più grande per aspettare anche Nicolò.

Il suo corpo è stato ritrovato ieri, otto giorni dopo la tragedia, a cinquecento metri da dove erano stati rinvenuti quelli della mamma e del fratello. I volontari della Protezione Civile e i Vigili del Fuoco e tutti coloro che hanno, a vario titolo, partecipato alle ricerche avevano promesso a Frijia che avrebbero ritrovato Nicolò. E lo hanno trovato: nascosto sotto terra, coperto da un ammasso di rami e sterpaglie trasportati dalla furia dell'acqua che ha travolto tutti e tre. L'hanno trovato e gliel'hanno portato, il suo bambino. Grati per averlo scovato, delusi per essersi immersi nel fango a cercare solo un corpo. Erano tremanti e commossi gli escavatoristi, i volontari, gli angeli del fango che si sono messi a scavare a testa bassa, sotto il sole e la pioggia, a prendersi tutto ciò che arrivava loro sulla testa, chini a caccia di quel doveroso risarcimento, di quella magra consolazione per un uomo a cui hanno spazzato via la vita, letteralmente. «Date una medaglia a questi soccorritori» ha detto tra le lacrime Angelo Frijia «a trovare il corpo sono stati Antonio Priamo, Domenico Dedato e Francesco Trovato: mi hanno tolto un peso dal cuore. Voglio ringraziare tutti i volontari, quelli che sono venuti qui a scavare per me. È un momento molto difficile per me, solo io so quello che ho nel cuore, sono nella fede di Dio».

Il corpo del figlio. Assieme agli altri due, che Angelo ha avuto il tempo di accarezzare e salutare e strapparsi via. Tre corpi e basta. Quanto resta di una famiglia. Raccolta in mezzo al fango, che ha il colore del vuoto, il colore dell'assenza. Chissà quante volte ha ripensato a quella scena, Angelo.

A sua moglie che scende dall'auto con i bambini, per andare a ripararsi altrove. E poi la bomba d'acqua che li travolge e li divide e li sbalza lontano, due da una parte e Nicolò solo, più lontano, da un'altra. E dire che stavano tornando a casa, dopo una visita ai nonni paterni. «Tornare a casa» è l'espressione più rassicurante che ci sia, mette pace e tiene caldo. Dovrebbe, almeno. E invece è così che hanno trovato la morte, al freddo, Stefania, Cristian e Nicolò. Tornando a casa. Ed è al freddo che li hanno recuperati i volontari, tutti e tre, alla fine. Dopo giorni di lavoro, con le facce stanche e arrugginite dalla delusione di dover cercare solo corpi senza vita dentro.

Perché ad Angelo, gli angeli del fango, avrebbero voluto restituire più di tre involucri.

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