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Trump ancora a segno Adesso è legge il bando ai musulmani

La Corte Suprema blocca gli ingressi da sette Paesi islamici. Ma non è il suo unico successo

Trump ancora a segno Adesso è legge il bando ai musulmani

L'incredibile Donald Trump si sta rivelando un vincitore politico assoluto con una serie di piccoli ma continui successi, di cui uno in realtà enorme perché la Corte Suprema gli ha dato ragione ed ha approvato l'atto con cui la Casa Bianca aveva bloccato gli ingressi negli Stati Uniti da sette Paesi islamici considerati pericolosi. Il suo «band», messa al bando temporanea degli indesiderati, aveva provocato una delle più demenziali crisi isteriche contro Trump definito «mostro costituzionale», usurpatore e naturalmente un estremista di destra.

Aveva ragione lui, dice la Suprema Corte con un voto unanime, cosa che esalta la decisione a favore del Presidente che sta sparigliando tutti gli schemi della politica americana. Lo ha rilevato anche il democratico New York Times: il Presidente comincia ad essere amato dai democratici conservatori e da tutti gli anticonformisti che odiano il potere dei partiti e dei loro apparati. Donald Trump è percepito come un indipendente simile ai grandi outsider sfortunati come Ross Perot che corse due volte per la Casa Bianca col solo risultato di danneggiare i repubblicani. Un presidente che mandi a quel paese i partiti costituisce una pregevole rarità. Naturalmente i conti si faranno l'anno prossimo con la tornata elettorale di «mid term», che rinnoverà gran parte del Congresso e che dirà se «The Donald» è davvero un'anatra zoppa come sostengono i suoi detrattori, oppure uno che ha imbroccato il vento della storia. L'uomo è visto come un improvvisatore senza complessi, ma tutt'altro che uno sprovveduto, visto che ha saputo crescere sia nel mondo degli affari che in quello della comunicazione televisiva, un po' come Silvio Berlusconi.

In politica estera Trump sta giocando due partite infernali: quella per contenere i danni della vicenda russa, cavallo di battaglia democratico e dei seguaci di Hillary Clinton, e il sofisticatissimo war game in Estremo Oriente dove sa fare la voce grossa con la Corea del Nord, ma senza ricorrere alla forza militare. Di fatto, accetta di ammorbidire le posizioni americane nel Consiglio di Sicurezza, per non mettersi troppo di traverso con Pechino e con Mosca. Nel frattempo, gioca una partita difficilissima con la Corea del Sud, suo alleato siamese, cui non risparmia crudeli sanzioni commerciali perché partner della Corea del Nord. Le sue intemperanze hanno fatto da efficace contrappeso alla paralisi della diplomazia e alle minacce atomiche di Pyongyang che non potevano restare senza risposta. Con il presidente cinese Xi Jinping per il quale organizzò i fuochi d'artificio missilistico contro la Siria mentre era suo ospite in Florida ha rapporti eccellenti, ma gli ha fatto capire che gli Stati Uniti non si faranno mai cacciare dalle acque internazionali reclamate dalla Cina.

Il colpo del giorno resta comunque quello del ripristino del «bando temporaneo» dei viaggiatori provenienti da Paesi considerati a rischio terrorismo. La Corte suprema ha agito con una decisione improvvisa dopo la diffusione dei dati secondo cui stavano per entrare negli Stati Uniti ventiquattromila rifugiati considerati a rischio. La decisione è stata presa, fatto incredibile, all'unanimità, con un ordine attuativo di valore immediato che conferma il divieto di entrata a viaggiatori provenienti dal Sudan Iran, Libia, Somalia, Siria e Yemen.

Formalmente, il bando è ancora sotto esame legale, ma la Corte lo ha lo ha fatto suo consegnando al presidente una enorme vittoria politica che ha messo a tacere tutto quel mondo di sinistra americano e mondiale, liberal e fintamente progressista, che aveva scatenato il linciaggio mediatico e politico contro il più controverso dei quaranta presidenti degli Stati Uniti.

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