Politica

Trump bastona l'Fbi «Contro i repubblicani indagini politicizzate»

Desecretato il memorandum sull'agenzia di spionaggio. A rischio il direttore Wray

Valeria Robecco

New York Passerà alla storia come il memo della discordia, tanto da scatenare una grave crisi istituzionale negli Stati Uniti. Dopo giorni di intenso dibattito in Congresso, il presidente americano Donald Trump ha desecretato e dato disco verde alla diffusione del controverso memorandum segreto della Commissione intelligence della Camera contro l'Fbi. Quasi quattro pagine in cui si accusano Bureau e Dipartimento di Giustizia di aver abusato della loro autorità per ottenere il permesso di sorvegliare l'ex consigliere della campagna elettorale di Trump, Carter Page. E che, secondo il tycoon, dovrebbero screditare l'inchiesta sul Russiagate dimostrando che si tratta di una caccia alle streghe. «Quello che sta accadendo in questo Paese è una vergogna, molte persone dovrebbero vergognarsi di se stesse e anche peggio», ha tuonato. Il memo non ha omissis introdotti dalla Casa Bianca, dopo che ieri era stata ventilata l'ipotesi di coprire le parti che potevano compromettere la sicurezza nazionale, come temevano il Dipartimento di Giustizia e l'Fbi.

Prima di declassificare il testo, il presidente ha lanciato anche un durissimo attacco su Twitter, affermando che «i vertici e gli investigatori dell'Fbi e della Giustizia hanno politicizzato le indagini a favore dei democratici e contro i repubblicani». The Donald ha definito la situazione «impensabile solo poco tempo fa», aprendo uno scontro istituzionale, con la Casa Bianca pubblicamente in disaccordo su una questione di sicurezza nazionale con il direttore dell'Fbi Christopher Wray e il vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein, entrambi nominati da Trump. Nei giorni scorsi i due si sono anche recati inutilmente a Pennsylvania Avenue per tentare di convincere il Commander in Chief a non pubblicare il testo. E ora i consiglieri della Casa Bianca sono preoccupati che la decisione possa portare alle dimissioni di Wray (scelto dal tycoon dopo aver silurato il suo predecessore James Comey, lo scorso maggio) e di Rosenstein.

Il memo, stilato dal presidente della Commissione intelligence, Devin Nunes, riassume la documentazione che diede il via alle intercettazioni di Page da parte del Bureau, nel 2016. Secondo Nunes, l'Fbi si sarebbe servita come «parte essenziale» delle sue richieste per la sorveglianza di informazioni prelevate dal famoso dossier sui rapporti fra l'allora candidato repubblicano e i russi dell'ex agente dei servizi segreti britannici Christopher Steele, pagato dai democratici. L'ex numero due dell'Fbi Andrew McCabe - accusato dal presidente di aver favorito Hillary Clinton rallentando le indagini sulle email, che si è dimesso nei giorni scorsi - avrebbe messo agli atti che senza quel dossier non sarebbero state avanzate richieste di intercettazione. E dal memo è emerso pure che l'ex spia inglese era una fonte dell'agenzia, ma il rapporto si interruppe dopo che Steele svelò senza autorizzazione ai media (nel 2016) i suoi legami col Bureau.

Per i democratici della Commissione intelligence della Camera si è trattato di «uno sforzo vergognoso per screditare» l'agenzia, il ministero della Giustizia e il procuratore speciale Robert Mueller, nonché per minare l'inchiesta.

Mentre la Casa Bianca ha motivato la decisione alla luce del «significativo interesse pubblico», che prevale sulle «serie preoccupazioni» dell'Fbi.

Commenti