Donald Trump

Trump bocciato in Appello Niente legge sugli immigrati

Respinta la richiesta di reintrodurre il provvedimento Che adesso rischia di finire davanti alla Corte suprema

Trump bocciato in Appello Niente legge sugli immigrati

E ssere americani in questi giorni vuol dire provare intense emozioni, reazioni, sentimenti e risentimenti confusi in cui tutto si mischia: c'è stato ieri notte il Super Bowl a Houston, festa suprema del football americano che non ha niente a che fare con il nostro calcio (che gli americani chiamano soccer mandando in bestia gli inglesi, e che è una cosa per ragazzini e ragazzine) perché è uno sport per duri e per mangiate mostruose negli stadi. Mentre le famiglie americane si andavano radunando per godere il più grande spettacolo dello sport americano, è arrivata una doccia fredda, non l'unica, per il presidente Donald Trump: la Corte d'appello federale ha totalmente respinto la richiesta del Dipartimento della Giustizia di ripristinare l'«executive order» presidenziale su immigranti e rifugiati islamici, per mancanza di prove a sostegno della decisione della Casa Bianca. Prima di entrare nei dettagli, torniamo all'importanza del Super Bowl all'inizio della Presidenza Trump. Noi europei in genere non capiamo moltissimo di questo colorato e rumoroso evento sportivo in cui però oltre al pallone c'entrano molti altri ingredienti: le diversità etniche, i rapporti fra padri e figli, le posizioni politiche della gente di spettacolo, insomma un evento in cui fermenta l'anima americana e tutti si sentono e sono in prima linea, da Lady Gaga che si è vestita d'oro e spirali blu, in poi. L'orario di questi avvenimenti non ci permette una cronaca dettagliata, ma i lunghi intervalli pubblicitari sono in genere anche dei momenti in cui politici, giocatori, gente di spettacolo e gente comune se le danno di santa ragione davanti alle telecamere.

Lo scontro fra Trump e il giudice Robart, che per il momento registra una vittoria del secondo, sta diventando un conflitto istituzionale e una vera rissa fra il presidente e il vanitoso giudice federale di Seattle (Stato di Washington) James Robart. Quest'uomo, giovane e pronto alla provocazione, ha annullato con un atto giudiziario detto ruling il divieto di Trump contro l'ingresso di musulmani di sette paesi che lui stesso ha messo su una lista nera. É una vicenda non soltanto giudiziaria, ma anche politica e costituzionale quasi inestricabile su un terreno da Super Bowl politico di leggi, divieti, privilegi di Stati come il Massachusetts e Washington, tipica della mentalità americana cresciuta nel culto dei checks and balances, i pesi e contrappesi per cui nessuno ha mai la certezza della vittoria, come a poker.

Trump aveva risposto al ruling del giovane giudice con aperto disprezzo: «Questo cosiddetto giudice crede di poter fare lui le leggi e mettere in scacco le forze dell'ordine nell'esercizio delle loro funzioni, ma si sbaglia di grosso: noi rovesceremo la sua azione e gli faremo vedere chi è il più forte». Sembrava facile. Ma il non Circuit Court of Appeals ha detto do no, per il momento, e Trump ha dovuto incassare una prima sconfitta al primo round di una vicenda che resterà sulla scena politica a lungo.

É subito scoppiata una rissa fra giuristi, politici e magistrati, di cui si capisce soltanto che alla fine sarà la Corte Suprema a decidere. Nella Corte Suprema il presidente ha ora la maggioranza e dunque alla fine vincerà, ma intanto le frontiere restano aperte per i cittadini provenienti dai sette Stati nella lista nera e in questo momento il fronte anti Trump festeggia la vittoria, per quanto effimera. Intanto anche al Senato serpeggia il filibustering, se non la ribellione: il capo dei repubblicani, Mitch McConnell del Kentucky si è messo ha dichiarato davanti alla Cnn di non essere d'accordo con Trump sulla Russia, il contenzioso giudiziarie con Robart e le pretese frodi elettorali su cui Trump vuole indagare. Hanno chiesto al senatore repubblicano che cosa pensasse del conflitto fra Donald Trump e il giudice James Robart e O' Connell ha di nuovo preso una posizione critica contro Trump: «A tutti possono saltare i nervi, ma non è un buon motivo per attaccare personalmente un singolo giudice».

La marcia trionfate di Trump trova dunque più ostacoli del previsto ed accende un dibattito molto profondo anche a livello popolare in un Paese come gli Stati Uniti in cui, diversamente dall'Europa, la questione degli immigrati provoca umori contrastanti dal momento che il tessuto umano è fatto di nomi, origini, religioni, storie, cucine, accenti di ogni parte del mondo e molti americani di destra difendono il principio dell'identità multipla.

Trump del resto non ha fatto mistero del carattere provvisorio del suo executive order, che lui stesso ha detto di voler rimuovere entro tre mesi.

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