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Trump finge la resa e attacca: "Niente discorso sull'Unione"

Primo rinvio della storia. Il tycoon cerca di dimostrare che la colpa è dei democratici che si sono radicalizzati

Trump finge la resa e attacca: "Niente discorso sull'Unione"

New York Dopo un nuovo duro confronto Donald Trump cede a Nancy Pelosi e rinvia per la prima volta nella storia Usa il discorso sullo Stato dell'Unione. Il presidente americano ha accettato di fare un passo indietro al termine dell'ennesimo braccio di ferro con la speaker della Camera, che ha deciso di non autorizzare l'intervento davanti al Congresso, in programma per il 29 gennaio, fino a che lo shutdown non sarà finito. Il tycoon inizialmente ha pensato a una sede alternativa, poi però ha riconosciuto che «non c'è alcun luogo che possa competere con la storia, la tradizione e l'importanza della Camera».

Se la speaker canta vittoria, tuttavia, diversi osservatori affermano che quella di Trump è ben lungi dall'essere una resa, piuttosto un calcolo politico per dimostrare all'opinione pubblica come la leadership del partito democratico si sia radicalizzata. Mercoledì The Donald ha scritto a Pelosi confermando di voler tenere il discorso davanti al Congresso in seduta plenaria, affermando che non ci sono motivi di sicurezza per rinviarlo, come la stessa speaker suggeriva in una precedente missiva. «Non vedo l'ora di vederti la sera del 29 gennaio alla Camera. Sarebbe molto triste per il paese se lo State of the Union non si tenesse come da programma e nello stesso luogo», ha scritto il presidente rilanciando la guerra epistolare con la terza carica dello stato. «Prima ancora che lo chiedessi sono stato contattato dal Dipartimento della sicurezza nazionale e dal Secret Service e mi hanno spiegato che non ci sarebbe assolutamente alcun problema di sicurezza», ha continuato. «Quindi onorerò il tuo invito e adempirò al mio dovere costituzionale, fornendo importanti informazioni al popolo e al Congresso Usa sullo Stato dell'Unione». Lei, però, ha riposto che non autorizzerà l'intervento fino a quando la paralisi del governo, che da 35 giorni tiene impantanato il paese, non sarà finita. Trump in prima battuta ha tenuto duro, spiegando che stava valutando «un'alternativa». «Ha paura della verità e dei democratici di estrema sinistra - ha tuonato il Commander in Chief, precisando - Non sono sorpreso. È vergognoso quello che sta accadendo con i dem». Poi, però, ha preferito fare un passo indietro, chiarendo su Twitter che farà l'intervento quando lo shutdown sarà terminato.

In Senato, intanto, si tenta un compromesso per uscire dall'impasse, con il voto di due diversi disegni di legge per riaprire il governo, almeno temporaneamente. Il primo, del Grand Old Party, formalizza la proposta di Trump di estendere per tre anni la tutela ai dreamer - i figli di clandestini arrivati in Usa da bambini - in cambio dei 5,7 miliardi per costruire il muro al confine con il Messico. Il secondo, dei dem, prevede invece la riapertura delle agenzie federali sino all'8 febbraio.

Nessuno dei due ha molte possibilità di successo, pur se alcuni repubblicani sempre più preoccupati per lo stallo hanno deciso di votare entrambe le misure.

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