Politica

Trump-Putin, stretta di mano Incontro (per ora) rimandato

Gli staff: agende incompatibili. Il tycoon vuol evitare i riflettori sui legami con Mosca in pieno Russiagate

Valeria Robecco

New York Una rapida stretta di mano, ma nessun incontro formale. L'atteso faccia a faccia tra Donald Trump e Vladimir Putin a margine del vertice Apec in Vietnam, salvo sorprese dell'ultimo minuto, è rimandato. Per inconciliabilità delle rispettive agende, secondo la versione ufficiale della Casa Bianca. O perché, come ritengono diversi osservatori, Trump vuole evitare di attirare ancora di più l'attenzione sui rapporti con Mosca, visto che nelle stesse ore negli Usa il procuratore speciale del Russiagate, Robert Mueller, ha interrogato il suo consigliere politico, Stephen Miller. Oltre al fatto che il primo bilaterale tra i due leader durante il G20 di Amburgo, lo scorso luglio, ha catalizzato l'attenzione per giorni scatenando un putiferio sul fatto che Trump abbia creduto o meno alle assicurazioni di Putin del mancato coinvolgimento russo nelle elezioni presidenziali del 2016. Putin, invece, ha già incontrato il presidente cinese Xi Jinping, secondo cui gli sforzi per una crescita costante e di lungo termine dei legami tra le due potenze hanno raggiunto risultati soddisfacenti.

Durante la foto ufficiale del summit a Da Nang, comunque, il presidente americano e l'omologo russo si sono incrociati, stringendosi la mano e scambiando alcune parole. «Se parliamo di un meeting formale, non ce n'è uno in calendario e non prevediamo che ci sia», ha spiegato la portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders. Ma non è escluso che possano vedersi informalmente a margine del vertice, o più tardi nelle Filippine. Trump e Putin «saranno nello stesso luogo. Capiterà loro di incontrasi e salutarsi? - ha precisato Sanders - Certamente è possibile e probabile». «L'incontro avrà luogo a margine, in un modo o nell'altro», ha replicato da parte sua il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, precisando che «le parti stanno continuando a trattare, al momento non c'è chiarezza». Decisamente più duro è stato il ministro degli esteri di Mosca, Sergej Lavrov. «Abbiamo sentito che Trump voleva incontrare Putin, ed è stato un desiderio espresso dallo stesso presidente. Cosa dicono i suoi burocrati da quattro soldi non lo so, domandate a loro», ha risposto a chi gli chiedeva del mancato bilaterale.

Il timore dell'amministrazione Usa sarebbe però che un faccia a faccia tra i due leader possa offuscare i temi centrali del viaggio in Asia del Commander in Chief, commercio e Nord Corea. «Non possiamo più tollerare e non tollereremo barriere commerciali e pratiche inique», ha detto Trump nel suo intervento all'Apec. Nessuno «si prenderà vantaggi nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti», ha aggiunto, assicurando di «mettere sempre al primo posto l'America», con negoziati «su base bilaterale con chi vorrà». Sul fronte della crisi con Pyongyang, invece, ha avvertito che «non dobbiamo restare ostaggio delle fantasie contorte di un dittatore»: «Ogni passo del regime di Kim Jong Un per avere più armi, è un passo verso un pericolo maggiore». E poi ha ribadito il suo appello a tutte le nazioni civilizzate a «muoversi insieme» per allontanare dalla società estremisti e terroristi.

Intanto, negli Usa, Muller ha fatto un nuovo passo avanti nelle indagini sul Russiagate. Il procuratore speciale ha infatti interrogato Stephen Miller, figura di primissimo piano alla Casa Bianca, e il personaggio più di alto livello finora mai ascoltato nell'ambito dell'inchiesta, che irrompe così nella cerchia più ristretta di Trump. Secondo i media, uno dei temi centrali del colloquio è stato il ruolo del consigliere politico del presidente nel siluramento dell'ex capo dell'Fbi, James Comey.

Gli inquirenti vogliono capire se dietro alla gestione del caso Comey ci sia stato un tentativo da parte della Casa Bianca di ostacolare le indagini.

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