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Trump sconfitto dalla Cnn: "Ora cambiamo le regole"

Un giudice reintegra il reporter. La Casa Bianca: "Serve ordine". Caso Assange, possibile il processo

Trump sconfitto dalla Cnn: "Ora cambiamo le regole"

New York Giornata poliedrica sul fronte americano. Mentre è giallo intorno alla possibile incriminazione di Julian Assange da parte degli Stati Uniti, il presidente americano Donald Trump perde la battaglia legale contro la Cnn e il suo reporter Jim Acosta. Il giudice della corte distrettuale di Washington Timothy Kelly ha deciso di restituire temporaneamente al giornalista il pass della Casa Bianca che gli era stato revocato dopo un diverbio con il tycoon durante una conferenza stampa. Kelly ha spiegato che Pennsylvania Avenue ha violato il Quinto Emendamento sul giusto processo sospendendo il pass di Acosta senza spiegazioni o senza la possibilità per la Cnn di impugnare la decisione. E i «tardivi sforzi» della Casa Bianca per giustificare la revoca «non sono sufficienti a soddisfare il giusto processo». «Torniamo al lavoro», ha esultato Acosta ringraziando i colleghi e il giudice. La portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, ha detto che il pass verrà reintegrato, ma «in futuro verranno sviluppate regole per garantire conferenze stampa corrette e ordinate»: «Ci deve essere decoro». La querelle era scoppiata all'indomani delle elezioni di Midterm: Acosta ha incalzato Trump in maniera pressante sulla carovana di migranti e nel botta e risposta è stata coinvolta una stagista costretta a intervenire per recuperare il microfono.

Intanto il Dipartimento di Giustizia si starebbe preparando a perseguire legalmente il fondatore di Wikileaks (al vaglio diverse accuse, fra cui forse anche quella di spionaggio) ed è fiducioso di riuscire a portarlo in un tribunale Usa. Una notizia suggerita inavvertitamente dal procuratore della Virginia Kellen Dwyer, che ha citato due volte il nome di Assange in una richiesta per mantenere segreto un caso distinto, su un uomo accusato di pedofilia. Dweyer ha domandato al giudice di secretare il fascicolo perché «a causa della complessità dell'imputato e della pubblicità sul caso non esiste nessun'altra procedura per mantenere riservato il fatto che Assange è stato incriminato». Le accuse «devono rimanere segrete fino al suo arresto». Il fondatore di Wikileaks dal giugno del 2012 è rifugiato presso l'ambasciata dell'Ecuador a Londra per evitare l'estradizione in Svezia, dove è indagato per stupro e abusi sessuali, ma alcuni osservatori ritengono che dietro la richiesta di estradizione ci sia la volontà di portarlo negli Usa. Il mistero sull'incriminazione si è infittito quando un portavoce del Dipartimento di Giustizia ha fatto sapere che si è trattato di un errore (un problema di copia-incolla, pare) e il procuratore non intendeva fare il suo nome. Diversi media, però, insistono che le autorità americane stanno preparando o hanno già formulato accuse nei suoi confronti. Non si sa se riferite alle rivelazioni dei cable diplomatici Usa nel 2010, dell'arsenale cibernetico della Cia nel 2017, o per un ruolo nel Russiagate per aver diffuso le email del partito democratico hackerate da Mosca.

Uno degli avvocati di Assange ha fatto sapere di non aver ricevuto alcuna notifica: «Un governo che muove accuse criminali per la pubblicazione di informazioni vere è una strada pericolosa per la democrazia».

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