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Tunisi, esplode il bus delle guardie presidenziali

Quello che sconvolge di più dell'esplosione che ieri sera ha scosso Tunisi, uccidendo 12 persone, è che sia arrivata proprio nel cuore della capitale, molto vicino ai più alti vertici politici del Paese: a essere colpito è stato infatti un autobus sul quale viaggiava la guardia presidenziale. La bomba, forse fatta detonare proprio a bordo, è scoppiata mentre il veicolo si trovava nella vasta Avenue Moahmmed V, nel centro delle vita di Tunisi, a due passi da palazzi governativi, ministeri, l'ex quartiere generale del dittatore caduto nel 2011, Zine El Abidine Ben Ali, vicino alle strade dei caffè e dei negozi affollati all'ora di punta, mentre il cuore della capitale tunisina è in pieno movimento.La autorità hanno immediatamente parlato di «un attacco terroristico», e sia il primo ministro, Habib Essid, sia il ministro dell'Interno, Najem Gharsalli, sono subito arrivati sul luogo dell'esplosione, mentre le ambulanze evacuavano decine di feriti. Il governo ha proclamato lo stato di emergenza e il coprifuoco. L'attentato di ieri arriva pochi giorni dopo l'annuncio dello smantellamento da parte delle forze dell'ordine di una cellula terroristica a Sousse, cittadina 150 a Sud-Est di Tunisi, dove a giugno un commando aveva ucciso 38 persone, per la maggior parte turisti, in un resort di vacanzieri sulla spiaggia. L'attentato era stato rivendicato dallo Stato islamico, come quello di marzo al museo di Bardo, a Tunisi, dove sono morte invece 22 persone. Proprio dieci giorni fa, in maniera visibile e inaspettata, riportano i mass media e la stampa tunisina, la sicurezza è stata rafforzata nel Paese, senza alcuna dichiarazione da parte delle autorità. La Tunisia, il cui esercito è impegnato da anni ad arginare l'azione di uomini armati nella remota regione montagnosa dello Jebel Chaambi, sul confine con l'Algeria, dove agiscono gruppi legati ad Al Qaeda, è uno dei Paesi da cui ha origine il maggior numero di combattenti stranieri in rotta per il fronte siriano. Sono almeno 3.000 secondo diverse fonti i tunisini partiti a rafforzare le fila dello Stato islamico e di altri gruppi estremisti che operano tra Irak e Siria. Come l'Europa e gli Stati Uniti dunque, la Tunisia teme le andate e i ritorni dei propri cittadini radicalizzati, e i sanguinosi attacchi dei mesi scorsi hanno portato al rafforzarsi della sicurezza interna. Il primo obiettivo dei jihadisti locali è l'economia del turismo - sono stati colpiti il più importante museo di Tunisi e la spiaggia degli stranieri di Sousse - tra le principali fonti di entrate per un Paese con crescenti difficoltà economiche, in seguito la rivoluzione e gli sconvolgimenti politici del 2011. Nel mirino del terrore c'è però anche quella che si potrebbe definire l'eccezione tunisina: la Tunisia è l'unico Paese in cui un compromesso politico tra forze islamiste moderate e partiti laici ha portato a una transizione più o meno lineare, che ha preservato il Paese da un destino simile a quello di Libia e Siria e dal fragile ordine autoritario egiziano.

Si tratta di un'eccezione che crea un'alternativa valida e praticabile al caos mediorientale e che per questo è obiettivo del più violento odio dei terroristi di qualsiasi gruppo estremista.

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