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Dalla Turchia l'assalto dei 7 milioni

Il premier di Ankara scrive all'Ue: "Saremo invasi". E anche Tusk: "Dalla Siria milioni in fuga"

Dalla Turchia l'assalto dei 7 milioni

«Ci sono ancora 8 milioni di sfollati in Siria e circa 4 milioni sono fuggiti nei Paesi vicini», ha spiegato mercoledì notte il presidente del Consiglio d'Europa, Donald Tusk, ai capi di stato e governo riuniti a Bruxelles per l'emergenza immigrazione. Un allarme rilanciato anche dal premier turco Ahmet Davotoglu, che in una lettera ai leader europei dipinge un quadro apocalittico, dicendo di attendere l'arrivo di 7 milioni di profughi dalla Siria, che probabilmente vorranno arrivare in Europa e chiede la collaborazione europea affinchè si costituisca una «zona sicura» in territorio siriano per l'accoglienza dei rifugiati. Il Giornale aveva preannunciato, la scorsa settimana, che il peggio deve ancora venire puntando il dito contro la Turchia, che utilizza l'arma dei rifugiati per ricattare l'Europa.

Insomma, non c'è molto da stare allegri e ben poco da festeggiare dopo la riunione di emergenza a Bruxelles, che dopo una lunga notte di trattative ha partorito il minimo indispensabile. Entro novembre dovranno essere operativi i cosiddetti hotspot per il riconoscimento dei richiedenti asilo in Italia e Grecia. I centri di registrazione e smistamento prevedono di individuare subito chi ha diritto a venir accolto come rifugiato. Gli altri dovrebbero «venir rimandati velocemente a casa», secondo Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea. Chi ha diritto all'asilo sarà ridistribuito nei paesi Ue.

Diverse nazioni dell'Est hanno fatto muro, ma la decisione di ricollocare 120mila profughi è stata adottata a maggioranza. Secondo il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, la notte di Bruxelles «è stata importante, che segna la fine del principio di Dublino. Ora tutti i Paesi hanno la possibilità di dare una mano. Non soltanto sugli hotspot, ma anche sulla redistribuzione» dei richiedenti asilo e «sulla necessità dei ritorni gestiti dalla Ue».

Il concreto e preoccupante allarme lanciato da Tusk sembra essere passato in secondo piano. «L'ondata più grande di migranti deve ancora arrivare», ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo. Secondo Tusk «dobbiamo correggere la politica delle porte e delle finestre aperte. Ora bisogna concentrarci sul controllo appropriato delle frontiere esterne». Il primo ministro ungherese Viktor Orban auspica l'invio di una forza paneuropea per sorvegliare le frontiere della Grecia accusata di aver fatto poco nulla per fermare l'ondata che arriva dalla Siria, via Turchia. Il bacino potenziale di profughi è di 12 milioni di persone se calcoliamo gli sfollati interni alla Siria e quelli già scappati nei paesi limitrofi.

Per tamponare l'«invasione» non servirà a molto la missione navale europea sotto comando italiano, che dovrebbe sgominare i trafficanti di uomini. Ieri l'Alto rappresentante della politica estera dell'Ue, l'italiana Federica Mogherini, in visita al quartier generale a Roma, ha annunciato che la famosa «fase 2» partirà il prossimo 7 ottobre. In pratica la flotta europea potrà abbordare, perquisire e confiscare le imbarcazioni e gli strumenti utilizzati dai trafficanti. Mogherini ha rivelato, che nei mesi precedenti la flotta «ha individuato 20 barconi in acque internazionali, 17 partiti dalla Libia e 3 dall'Egitto, ma non era possibile intervenire contro gli scafisti». La fase 1 prevedeva soltanto la raccolta di informazioni. I migranti a bordo, però, li abbiamo salvati e portati in Italia.

Il vertice notturno di Bruxelles ha stanziato un miliardo di euro per aiutare i profughi sopratutto in Turchia, che ne ospita 2 milioni, Giordania e Libano. Il premier di Ankara, Ahmet Davutoglu, ha fatto recapitare alla riunione dei leader dei Ventotto, una lettera che assomiglia ad un ricatto. Il primo ministro turco ha avvertito che, «senza un'area protetta, più di sette milioni di siriani potrebbero partire verso l'Europa. Questo peggiorerà la crisi umanitaria e provocherà conseguenze politiche ancora più tangibili».

In pratica la Turchia vuole il nostro appoggio e quello americano per creare una zona cuscinetto in territorio siriano di 80 chilometri per 40, dove rimpatriare i profughi e non farne uscire altri.

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