Politica

È il "tutti contro tutti" lo sport preferito dei compagni-coltelli

La Boschi e Lotti odiano Guerini mentre Orfini e Franceschini ormai si detestano

È il "tutti contro tutti" lo sport preferito dei compagni-coltelli

Roma - Lo sport preferito dalla sinistra? La guerra. Nel campo del centrosinistra è già tempo di tutti contro tutti. L'illusione di una tregua, dopo la scissione in casa Pd, tra i dem e l'area della sinistra è già finita. A riaprire il fuoco sono state le anticipazioni del libro Avanti di Matteo Renzi: un capolavoro di accuse e vendette dell'ex premier contro tutti gli avversari politici. Il Renzi scrittore ha ripreso l'ascia di guerra contro Enrico Letta: il rottamatore, nel tentativo di smontare la tesi del complotto che nel 2014 portò alla defenestrazione di Letta da Palazzo Chigi, ha riaperto lo scontro contro l'ex vicesegretario del Pd. Letta, da Parigi, ha risposto usando parole durissime: «A me sembra un caso psicanalitico. Si sta avvitando in una spirale degna di Freud». Il botta e risposta a distanza tra Renzi e Letta ha fornito a Massimo D'Alema l'assist per giocare allo sport preferito: il tiro a bersaglio contro l'ex sindaco di Firenze. Il Lider Maximo - in un'intervista al Fatto Quotidiano - ha affondato due pugnalate contro Renzi. La prima: «C'è un episodio che mi ha colpito molto, quando Renzi scrive che sua figlia chiede se è certo dell'abiura del dalemismo da parte di Orfini. Questa è educazione all'odio, è l'elogio del tradimento. Se questi sono i principi educativi, c'è da essere seriamente preoccupati». La seconda coltellata ha colpito al cuore il libro Avanti: «Concordo con Letta quando parla di disgusto».

Ma se la guerra tra Renzi, D'Alema e Letta non è una novità, la sorpresa è arrivata dall'area anti-renziana, ossia dal quel mondo politico, che va da Mdp e Insieme, in cui stanno cominciando a spuntare le prima crepe. L'idea di un Pisapia federatore della nuova sinistra è tramontata dopo appena due settimane. Ieri, tredici giorni dopo l'abbraccio di piazza Santi Apostoli, Pisapia ha infatti annunciato che non scenderà in campo. Dietro la decisione, l'ennesimo scontro, tutto interno all'universo post-comunista. Pisapia è finito al centro del fuoco incrociato tra D'Alema, che spinge per una linea politica di rottura con il governo Gentiloni e il Pd, e Pier Luigi Bersani che punterebbe a un profilo più dialogante per la nuova forza politica di sinistra. Risultato? L'addio di Pisapia, che arriva pochi giorni dopo un altro ritiro, quello di Romano Prodi che ha provato, senza ottenere alcun risultato, a pacificare le varie anime della sinistra.

Nel Pd, la vittoria bulgara di Renzi alle ultime primarie non ha prodotto l'attesa pax. La tregua è stata rotta dal ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini che, all'indomani della sconfitta elettorale dei democratici nel turno di ballottaggio alle comunali, ha rimesso in discussione la linea politica del segretario, chiedendo di riprendere la strada del dialogo con le forze di sinistra. Franceschini ha ottenuto un unico risultato: l'attacco feroce di Matteo Orfini. Mentre ci ha pensato Renzi in prima persona a mettere in discussione, a giorni alterni, la linea politica del governo Gentiloni. Il virus della litigiosità ha contagiato anche il giglio magico, il gruppo dei fedelissimi renziani apparso fino a poco tempo fa inossidabile.

Il ministro dello Sport Luca Lotti e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi da tempo hanno fatto squadra contro Lorenzo Guerini mentre il «mite» ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio si è tirato fuori dalle guerre.

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