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La Ue beffa l'Italia: un inglese per gestire il caos immigrati

Erica Orsini

È un inglese il nuovo vicedirettore generale del dipartimento per l'immigrazione e gli affari interni dell'Unione Europea. Certo Bruxelles è un'istituzione sorprendente. Soltanto a giugno la Gran Bretagna ha deciso di uscire dall'Europa e la Commissione Europea che ti combina? Mette a capo di un settore così importante proprio un britannico.

Molti dicono che si è trattato di una scelta diplomatica per rassicurare i tanti funzionari inglesi impensieriti per il loro futuro lavorativo dopo la vittoria della Brexit, ma è indubbio che si tratta di una scelta insolita e sicuramente inaspettata. Il nuovo vice direttore, che entrerà ufficialmente in servizio il primo di dicembre, si chiama Simon Mordue ed è un veterano dell'istituzione. Le qualifiche non gli mancano di certo. Arriva dalla direzione generale «vicinato e allargamento» e in passato era stato capo di gabinetto dell'ex commissario ceco Stefan Fule, titolare di quel portafoglio nella seconda commissione Barroso. Negli ultimi anni Mordue è stato il negoziatore del patto con la Turchia, accordo controverso che ha contribuito a fermare l'afflusso dei profughi in Grecia.

La sua nomina ha però profondamente irritato le autorità italiane dato che l'altro candidato al posto nella direzione era proprio italiano. Ancora una volta l'Italia si è sentita tradita dalla Commissione Europea guidata da Juncker con la quale negli ultimi tempi i rapporti erano già abbastanza tesi. Per la Farnesina, che si è opposta alla nomina, la scelta di Mordue è «uno scandalo». «Perché si continuano a nominare funzionari inglesi per ruoli chiave in Europa?», ha chiesto infuriato Mario Ciro, viceministro degli Esteri italiano che definisce «inaccettabile» la decisione. «In primo luogo, perché bisogna finirla di mandare avanti gli inglesi quando il loro Paese il prossimo anno intende abbandonare l'Unione Europea. Nessuno ha dimenticato quel Brexit significa Brexit pronunciato come un atto di guerra dal Premier Theresa May nel giorno del suo insediamento. Ma ancora più importante è il fatto che nessuno come l'Italia è attualmente in prima linea nell'affrontare il dramma dell'immigrazione. Le sue coste sono state e continuano ad essere prese d'assalto dai profughi e il governo Renzi chiede da tempo un radicale cambiamento delle politiche comunitarie su questo tema che ancora non è arrivato. Tutte le decisioni prese finora si sono rivelate a danno del nostro Paese a partire dalla redistribuzione percentuale dei profughi».

«Nelle posizioni chiave a Bruxelles siamo sotto rappresentati - ha spiegato ancora Giro - e questa sarebbe stata una buona occasione per ritrovare l'equilibrio dato che avevamo un ottimo candidato». Invece, per l'ennesima volta, l'Italia è rimasta con un palmo di naso e il posto è andato ad un inglese.

Come dire che in Europa sembra avere più influenza uno Stato che ha deciso di non farne più parte, del nostro che l'ha sempre trattata con i guanti bianchi.

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