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Ultimatum di Renzi: "Se resti al tuo posto non garantirò per te"

Il presidente del Consiglio evita di incrociare Lupi e in privato prosegue la moral suasion: l'appoggio dei democratici non è scontato

Ultimatum di Renzi: "Se resti al tuo posto non garantirò per te"

Domani, o al massimo martedì prossimo: la deadline della vicenda Lupi, che sta scuotendo il governo e creando grosse difficoltà al premier, è questa. Il ministro investito dal tornado giudiziario dovrebbe presentarsi alle Camere, e fornire la propria versione di quanto è successo. E il messaggio che gli invia il Pd è chiaro: «Non è affatto scontato che potremo garantirgli il nostro appoggio», come spiega un alto dirigente renziano. E d'altronde lo stesso Renzi avrebbe mandato lo stesso messaggio a Lupi: «Tocca a te decidere: o ti dimetti o vai avanti, ma sappi che non ti copro e che non posso garantire per le scelte che farà il Pd in Parlamento».

Non serve: basta che i rappresentanti del Pd si alzino in aula a dire che il ministro non li ha convinti, e che le ragioni di «opportunità politica», al di là del merito giudiziario, consigliano un passo indietro per rendere la posizione del ministro Ncd insostenibile. Anzi, il Pd spera di evitarlo del tutto, un voto di fiducia che rischia di lacerare la maggioranza e di mettere in seria difficoltà il partito di maggioranza relativa. Per questo è presumibile che si fissi prima l'informativa del ministro, che non prevede un voto, e per la settimana prossima il voto sulle mozioni di sfiducia: deciderà oggi la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.

Al terzo giorno di tsunami, con le indiscrezioni dell'inchiesta che continuano ad essere centellinate via stampa, Matteo Renzi vuole cercare di uscire in fretta dal cul de sac in cui si ritrova, con l'opposizione, i giornali e anche la minoranza interna che lo accusano di «proteggere» Lupi col suo silenzio mentre ai tempi del caso Cancellieri fu assai più loquace. Dopo di che, se il ministero delle Infrastrutture si liberasse, da Palazzo Chigi partirà un «repulisti gigantesco», garantiscono i suoi. E il ministro futuro dovrà essere di sua assoluta fiducia: a Ncd, a compensazione, potrebbe andare la poltrona degli Affari regionali.

Il premier aveva sperato che potesse essere Angelino Alfano a togliergli le castagne dal fuoco, spingendo il ministro alle dimissioni. Ma martedì notte, quando Lupi lo ha incontrato portandosi dietro il ministro dell'Interno, ha capito che il peso contrattuale del titolare del Viminale nei confronti del suo «dioscuro» Ncd è assai scarso. «Lupi tiene Alfano per la collottola», sintetizza brutalmente (il termine usato è più colorito di «collottola») un colonnello renziano, «i rapporti col potere reale e il peso elettorale sono di Lupi». Tant'è che ieri, dopo due giorni di silenzio, Alfano ha blindato il ministro delle Infrastrutture, dandogli pubblicamente la propria solidarietà. Il cerino dunque è tornato nelle mani del Pd, e del premier. Che ieri pomeriggio è venuto a Montecitorio per la sua informativa sul Consiglio europeo di oggi, e ha evitato non solo di parlare coi giornalisti ma anche di incrociare Lupi, reduce dal question time in aula. Il premier ha poi avuto una lunga riunione, nella sala del governo dietro l'aula, con i fedelissimi Maria Elena Boschi e Lorenzo Guerini, per affrontare l'emergenza Tunisia ma anche per fare il punto sulla vicenda Lupi e capire come organizzarne gli snodi parlamentari. Cercando di chiudere in fretta la vicenda, perché nel limbo i nemici del premier sguazzano: da due giorni esponenti della minoranza vanno in giro confidando che nelle carte dell'inchiesta ci sarebbero «coinvolgimenti» di uomini vicini a Renzi.

Peccato che proprio dalle carte, ieri, siano uscite intercettazioni degli indagati che si lamentano di Renzi come di un babau che «controlla punto per punto» e «non fa partire» le operazioni poco chiare.

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