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Ultimatum della Ue: manovra in 10 giorni o multa da 3,4 miliardi

Bruxelles ha perso la pazienza: dopo lo stop di Renzi a Padoan, l'Italia rischia l'infrazione

Ultimatum della Ue: manovra in 10 giorni o multa da 3,4 miliardi

Roma Sono i giorni più difficili per i rapporti tra Italia e Unione europea. Smentite le voci di una promozione certa, sono iniziate le indiscrezioni su un giudizio negativo sui conti e relativa procedura di infrazione prossima ventura. Complice il pressing di Matteo Renzi sul governo, la pazienza di Bruxelles verso l'Italia si è ridotta ai livelli minimi. Se veramente l'ex premier, che è anche segretario del partito di maggioranza, riuscirà a imporre a Gentiloni e Padoan il no alla manovra correttiva, si metterà in moto una macchina difficile da fermare.

Il primo segnale è stato un ultimatum sui tempi della manovra: i 3,4 miliardi per correggere il deficit vanno trovati entro dieci giorni. Ieri la notizia non è stata confermata dall'esecutivo europeo guidato da Jean Claude Juncker, ma nemmeno smentita. La scadenza corrisponde a quella della pubblicazione del rapporto sul debito da parte della commissione. Temutissimo, perché non potrà che bocciare le scelte dell'Italia. Il debito dell'Italia supera il 130% del Pil e per questo ha già meritato due rapporti, che però non hanno portato all'avvio di una procedura. Se l'Italia non seguirà le indicazioni dell'Europa sul deficit, le cose potrebbero andare diversamente.

Già domani arriverà qualche indicazione sugli umori europei. Saranno pubblicate le previsioni economiche d'inverno e il commissario agli affari Economici Pierre Moscovici farà intendere quali sono gli umori di Bruxelles.

Se l'Italia non darà risposte concrete - quindi aumento immediato delle accise e, di fatto, promessa di ulteriori aumenti delle tasse dal 2018, a partire dall'Iva - inizierà la discesa verso la procedura di infrazione che potrebbe portare anche a una sanzione.

Per ironia del caso, la «multa» prevista dal patto di stabilità e crescita è pari allo 0,2% del Pil. Esattamente la manovra che è richiesta all'Italia. Se il governo viene riconosciuto inadempiente, circa 3,4 miliardi di euro finiranno in un conto non fruttifero a Bruxelles.

Procedura comunque lunga, che passa per una messa in mora, richiesta di misure, intervento della Corte di giustizia e poi la sanzione. Che può crescere anche sopra lo 0,2% di Pil se la violazione del Patto prosegue. L'Italia è stata sotto procedura per quattro anni. Chiusa nel 2013. Riaprirla significherebbe pagare un costo extra, molto più salato, in termini di credibilità dei mercati. Aspetto più volte segnalato dal ministro dell'Econmia Pier Carlo Padoan.

Facile immaginare un aumento dei tassi di interesse sui titoli di debito pubblico emessi da uno Stato con un debito monstre e inadempiente anche sul deficit.

Scenario drammatico. Quindi improbabile. Difficile che Renzi, arrivi al punto di rompere definitivamente con Bruxelles. Un biglietto troppo caro per il suo rientro nella stanza dei bottoni. Quando era al governo, alla fine, un accordo l'ha sempre trovato.

Da parte dell'Europa c'è l'interesse a non fare troppi sconti. Ma anche quello ad arginare i populismi anti Bruxelles, sempre più forti anche negli stati del Sud come l'Italia. La posta in gioco è più alta dei trattati. Ieri un europeista doc come Mario Monti ha riconosciuto che «rischiamo davvero di perdere» l'Unione europea.

Necessario quindi «impiegare la nostra immaginazione nella costruzione di scenari in cui l'Unione Europea sia stato un importante fenomeno transitorio».

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