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Ultrà da Varese e Nizza per l'agguato ai napoletani Nella guerriglia di San Siro un morto travolto da un suv

Ultrà da Varese e Nizza per l'agguato ai napoletani Nella guerriglia di San Siro un morto travolto da un suv

Paola Fucilieri

Milano Tra i clacson impazziti e il rombo dei motori accesi, qualcuno ha sentito sibilare parecchi: «napoletani di m....!». E subito dopo, a più riprese, dall'altra parte: «infami! Che fate? C'è uno dei vostri a terra!». Ma in pochi, pochissimi (e nemmeno con l'aiuto dei filmati delle telecamere e dei telefonini) riusciranno più tardi a ricostruire con esattezza i movimenti fulminei e chirurgici di quei giovani con i cappucci delle felpe e i passamontagna calati sul viso, nelle mani spranghe, bastoni, coltelli e persino qualche machete. Che in un centinaio, dopo aver lanciato un fumogeno contro un gruppo di minivan con a bordo una settantina di ultras del Napoli (si erano dati appuntamento?) hanno invaso l'asfalto della carreggiata divisa dal jersey all'improvviso, come un commando militare fantasma, addestrato a combattere, bloccando la colonna del traffico a poco più di due chilometri e ad appena sei minuti dall'arrivo allo stadio Meazza.

È il venerdì di Santo Stefano, sono appena passate le 19.30. La gente in auto tra via Novara e via Fratelli Zoia arriva da tutta Italia dalla zona a ovest di Milano per Inter Napoli, sbuffa in coda e non comprende, non sa della tragedia in corso tra gli ultras e probabilmente non l'immagina possibile: una partita di calcio è pur sempre una festa, ci si diverte, anche quando le tifoserie si odiano parecchio come in questo caso. I fanali accesi dei mezzi non vincono il buio e la foschia dei fumogeni e dei petardi che nascondono le lame velocissime e subito riposte nelle tasche dei giubbotti e dei jeans dopo aver colpito con rapidità. Così, quando la folla arriva allo stadio, accompagnata dalla polizia che finalmente ha raggiunto i tifosi per accompagnarli in città, in gran parte è ignara di tutto. Sale sugli spalti per assistere a un match insidioso e dal clima pesantissimo e greve, ad alto tasso di razzismo. Solo la Digos e gli ultras sanno. Che da molto prima dell'inizio del match ci sono tre tifosi napoletani accoltellati in ospedale. Solo uno, un 43enne in codice giallo per una coltellata al torace, resterà ricoverato all'ospedale Sacco, mentre gli altri tre, portati al pronto soccorso di Rho, saranno subito dimessi e potranno anche recarsi allo stadio. C'è però un quarto uomo, il solo rimasto a terra sull'asfalto di via Novara. È l'unico gravissimo, in fin di vita, lo hanno operato d'urgenza al San Carlo ed è ancora sotto i ferri. Al pronto soccorso ci è arrivato in auto, portato da alcuni dei giovani che erano lì con lui e che lo hanno scaricato davanti al pronto soccorso per poi dileguarsi. Secondo gli investigatori è uno dei principali artefici del blitz stradale contro i tifosi partenopei, tra coloro che lo avrebbero pensato e reso operativo chiamando a raccolta altri ultras che odiano la curva del Napoli, cioè i biancorossi del Varese calcio e quelli del Nizza, da sempre gemellati con i «boys» dell'Inter. Si chiama Daniele «Dede» Belardinelli, ha 35 anni ed è il capo degli ultras del Varese dei Blood Honour. È morto ieri all'alba, alle 4.30: i medici non sono riusciti a fermare una grave emorragia all'aorta toracica e ad arginare le gravi lesioni alla milza. Durante l'assalto stradale era stato infatti investito da «un Suv di colore scuro», scomparso immediatamente dopo, nell'oscurità e tra il caos del traffico. «La persona alla guida potrebbe anche non essersi nemmeno accorta di aver travolto e ucciso un uomo» ha specificato più volte ieri mattina il questore Marcello Cardona che venerdì sera era in tribuna al Meazza.

Mentre la dinamica dell'incidente è ancora in fase di ricostruzione la Digos ha potuto stabilire che l'investimento è avvenuto subito (e, fatto stranissimo, sull'altro lato della carreggiata, oltrepassato il jersey, rispetto al punto dov'è avvenuto il blitz) ovvero immediatamente dopo l'arrivo del «commando» di ultras nerazzurri in strada e quindi ancora prima del ferimento a colpi di coltello dei tre tifosi partenopei. Gli investigatori stanno analizzando i filmati delle telecamere e quelli portati da alcuni residenti che si sono fatti avanti dopo aver ripreso con i telefonini la scena dai balconi dei palazzi tra via Novara e via Fratelli Zoia.

Dopo una nottata di lavoro gli investigatori hanno arrestato e denunciato tra Milano e provincia tre ultras dell'Inter di 30, 21 e 22 anni, i primi due già colpiti dal Daspo (il divieto di accedere alle manifestazioni sportive) il terzo mai segnalato prima. Sono stati tutti perquisiti nelle loro abitazioni e sottoposti ancora una volta dalla misura prevista dalla legge per impedire aggressioni violente durante gli eventi sportivi insieme ad altri sei soggetti (tra cui due della provincia di Varese) coinvolti nel blitz. Altri due ultras del Nizza sarebbero rimasti feriti ma sono tornati in Francia senza farsi medicare.

Ora Cardona, che ha definito l'assalto «un'azione squadrista tragica e inaccettabile» ha chiesto al capo della polizia Franco Gabrielli e al procuratore capo di Milano Francesco Greco di vietare le trasferte dell'Inter per tutto il resto del campionato mentre stamane in prefettura, durante il Comitato per l'ordina e la sicurezza, tenterà di chiudere la curva nerazzurra fino al 31 marzo, quindi per cinque giornate di campionato e una di coppa Italia.

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