Elezioni Regionali 2019

In Umbria affluenza record: il patto Pd-M5S già scricchiola

L'affluenza intorno al 65%, un aumento di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2015

In Umbria affluenza record: il patto Pd-M5S già scricchiola

La sfida in Umbria scalda il cuore dei cittadini. E non solo di quelli chiamati alle urne. Lo scontro diretto tra il blocco di governo Pd-M5S-Leu (con l'appoggio esterno di Italia viva) e il centrodestra a trazione leghista chiama a raccolta il popolo, che risponde presente, con un incremento a due cifre dell'affluenza. È di oltre il 65% l'affluenza per le elezioni regionali in Umbria secondo i dati parziali del ministero dell'Interno. Alle 23, quando sono pervenuti i dati di 50 comuni su 92, ha votato il 65,24% degli aventi diritto rispetto al 57,35% delle scorse elezioni. Un aumento di quasi 10 punti percentuali rispetto al 2015.

Segno che questa partita è sentita dagli elettori, interessati a capire se l'esperimento è solo un antipasto di quello che potrà succedere a livello nazionale. Matteo Salvini da giorni sentiva la vittoria in tasca, ma ha comunque voluto battere il territorio palmo a palmo, provando a toccare tutti e 92 i comuni della regione. Il pezzo di strada maggiore lo ha percorso senza i due partner, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, che si sono accodati al segretario del Carroccio nel rush finale, di fatto consegnandogli le chiavi della coalizione. Per l'ex ministro dell'Interno quella dell'Umbria è stata da subito la sfida "della vita". O, meglio ancora, della 'rinascita'.

Ha messo in campo Donatella Tesei, sfilandola dai banchi del Senato e dalla presidenza della commissione Difesa di Palazzo Madama, per mettere a frutto la sua quasi decennale esperienza come sindaco di Montefalco e la macchina organizzativa del Carroccio le ha subito spianato la strada, accompagnata dal suo leader, che poco a poco ha fagocitato la scena. Del resto la fortuna di Salvini è nata proprio dalle competizioni amministrative, conquistando prima i comuni, poi le regioni e infine le europee. Un trend costante e inversamente proporzionale al calo dei competitor diretti, primo tra tutti il Movimento 5 Stelle, sempre battuto in Basilicata, Sardegna, Molise, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Piemonte. Così come il Pd, che quelle Regioni le ha dovute consegnare direttamente nelle mani del Capitano. Che non vuole fermarsi proprio adesso, che i sondaggi indicano sempre la Lega come prima forza politica, sperando di riprendere la salita con quella che ha definito una "lezione di libertà e partecipazione alla faccia di chi dice che non è un test nazionale".

I suoi obiettivi sono sempre gli stessi: Giuseppe Conte e Luigi Di Maio in primis, poi Matteo Renzi. I primi due perché sente di avere un conto in sospeso con loro dall'estate, mentre il terzo lo ritiene il suo sfidante naturale, attribuendogli anche la patente di candidato premier una volta che si tornerà alle urne per le politiche. I conti dovrà però farli con l'oste del Nazareno. Perché Nicola Zingaretti non è così intenzionato a mollare la leadership del centrosinistra. Il segretario del Partito democratico sta tessendo meticolosamente la sua tela, lavorando al progetto di alleanza con i Cinquestelle, che resta vincolato ai punti del programma da portare a casa. "Il governo dura tre anni se fa le cose", avvisa i partner, da Luigi Di Maio a Matteo Renzi, subodorando che il capo politico pentastellato non aspetti altro che una debacle per sfilarsi dalla piattaforma strategia, mentre il fondatore di Italia viva per affossare i suoi ex 'compagni' e prendersi l'eredità di consensi in libera uscita. In questo senso l'Umbria è un crocevia importante, ma non decisivo, perché le prossime tappe del 'Patto civicò Pd-M5S saranno le elezioni regionali in Calabria e, soprattutto, in Emilia Romagna a fine gennaio.

In questi 90 giorni la coalizione giallorossa-viola si gioca molto, forse tutto.

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