Politica

Un'altra strage di bimbi Muoiono in 18 fra Turchia e Grecia

Luciano GulliDodici, diciotto, trentuno, duecento. Numeri. Banali numeri di una ragioneria del dolore alla quale si finisce per fare un'orrenda abitudine. Quanti morti oggi nel Canale di Sicilia? E nell'Egeo? E queste folle transumanti viste ieri sulle pianure della Pannonia sono diverse da quelle osservate ieri l'altro, o il mese scorso? Alla fine non ci si fa più caso, vero?Però sono uomini e donne. Persone che avevano un nome, un cognome, una storia. Morti veri, nostri simili, non numeri. E se gli uomini e le donne non ci commuovono più, forse potremo spremere un po' di pietà dai nostri cuori mitridatizzati di fronte ai bambini. Diciotto ne sono morti, ieri. Tredici erano maschi, cinque le femminucce. Viaggiavano soli, o i loro genitori erano con loro, sul lurido barcone partito dalla Turchia e diretto in Grecia? Non lo sapremo mai. Chi ci racconterà i dettagli dell'ultimo dramma? Le urla, il terrore negli occhi, i pianti, il barcone che si rovescia e il bambino che tenevi in grembo sparito nel nulla, nel buio, nel gelo, tra i flutti che ti sopraffanno e tu non vedi più niente, brancichi nel buio, afferri e sei afferrato, respiri una manciata di secondi, e per altri quindici, venti sei sott'acqua. Ogni volta così. E i bambini che erano con te non ci sono più, non ne senti più le voci, se hai avuto la fortuna di trovare qualcosa che galleggia a cui aggrapparti. Se sei ancora vivo, almeno tu, mentre in lontananza, ora che è troppo tardi, il buio della notte è lacerato dalla luce giallastra di un faro sulla motovedetta italiana, o greca, o di chissà dove (chi l'ha vista, quella bandiera?) che va a caccia di sventurati, notte e giorno, sulle rotte della morte.Al largo dell'isola di Samo, ieri hanno ripescato 24 cadaveri. Ma quando hanno allineato in coperta i corpicini di quelle cinque bambine e di quei tredici maschietti, anche i marinai della Marina Militare Greca, che mai avrebbero immaginato, arruolandosi, di dover fronteggiare una simile guerra, sono rimasti impietriti, schiantati da una tragedia di cui nessuno sa prevedere la fine.È la seconda volta che succede, in meno di 24 ore. Mercoledì mattina sette persone, fra cui due bambini, erano morte in un naufragio avvenuto vicino alla costa dell'isola greca di Kos, che con Samos è una delle principali porte di ingresso per i rifugiati che partono dalla Turchia. Ma perché a gennaio, col mare forte, il vento gelido e l'acqua diaccia? Perché è proprio ora, ora che le condizioni sono più difficili, e il rischio più alto, che la grande gang della tratta dei rifugiati pratica i prezzi migliori. Rischi di più, ma paghi meno. Una sorta di tre per due che fa accapponare la pelle. E la marea monta. Quarantacinquemila tra migranti e rifugiati arrivati in Grecia solo questo mese. Trentuno volte in più che a gennaio dell'anno scorso.Duecentonovanta, su tre gommoni, sono stati soccorsi solo ieri dai nostri marinai, quelli di nave Aliseo, al largo della Libia. Moltissimi, tra loro, i minori destinati a sparire, inghiottiti da quella legione di fantasmi da cui pesca la criminalità organizzata.

Carne a basso costo, come quella di quei bambini affogati nell'Egeo.

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