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Unioni gay, ricorso alla Consulta I vescovi chiedono il voto segreto

Più di 50 senatori: ddl Cirinnà incostituzionale Diktat a Grasso da Bagnasco (Cei): sui temi etici no allo scrutinio palese. E il Pd si spacca

«I l governo ha espropriato il Parlamento». L'accusa di aver stravolto la Costituzione viene sollevata da Mario Mauro che insieme ad altri 50 senatori (tra i quali il promotore Gaetano Quagliariello, Roberto Calderoli, Maurizio Gasparri e Carlo Giovanardi) ha sottoscritto il ricorso presentato ieri mattina alla Consulta per conflitto di attribuzione relativo al ddl Cirinnà. La contestazione non entra nel merito della legge sulle unioni civili ma denuncia invece la violazione di principi fondamentali della Carta Costituzionale attribuita anche al presidente del Senato, Pietro Grasso. «Abbiamo assistito ad una sequenza impressionante di stravolgimenti della Costituzione - insiste Mauro - Per evitare la crisi del Pd spaccato sulle unioni civili hanno frantumato le regole parlamentari».L'avvocato Mario Esposito che ha presentato il ricorso, auspica una risposta sollecita sulla questione dell'ammissibilità. «Il disegno di legge è stato calendarizzato senza che ci fossero i presupposti per portarlo in Aula - sostiene l'avvocato Esposito - Non si possono cancellare le prerogative costituzionali che appartengono ad ogni singolo parlamentare». Si ritengono disattesi gli articoli 67 e 71 della Costituzione che definiscono l'iniziativa legislativa che appartiene ai parlamentari e pure il 72 che stabilisce come i ddl vadano esaminati in Commissione. «Ma il testo unificato presentato dalla Cirinnà in ottobre non è mai stato approfondito in Commissione», conclude Esposito. L'annuncio del ricorso arriva al termine dell'ennesima giornata convulsa per l'aula del Senato. Anche ieri la discussione sulle unioni civili è stata caratterizzata da aspri scontri tra Pd e centrodestra ma anche dall'accentuazione della frattura interna ai democratici sulla questione del voto segreto e della libertà di coscienza sugli articoli che definiscono il concetto di famiglia e sulla questione delle adozioni. Sul voto segreto per il ddl Cirinnà è intervenuto ieri anche il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, auspicando che «la libertà di coscienza sia rispettata e promossa con una votazione a scrutinio segreto». Immediata la replica del sottosegretario per i Rapporti con il Parlamento Luciano Pizzetti: «Come regolare il dibattito in Senato lo decide il presidente del Senato, non il presidente della Cei». Ma nel Pd non tutti la pensano così. Edoardo Patriarca difende «il diritto di Bagnasco di esprimere la propria posizione». Al momento appare inevitabile per il Pd il ricorso al cosiddetto supercanguro, presentato da Marcucci, maxiemendamento che permette di aggirare la discussione sulle altre proposte di modifica. I dem cattolici però sono sul piede di guerra perché il capogruppo Luigi Zanda, dopo aver attaccato le opposizioni accusandole di ostruzionismo, ha deciso di lasciare libertà di coscienza soltanto su tre emendamenti. Anche la decisione di Grasso di circoscrivere il voto segreto a pochi articoli ha provocato i malumori dei dissidenti. Protagonisti in aula degli scontri più accesi Carlo Giovanardi e Maurizio Gasparri. Il primo per aver accusato due rappresentanti di associazioni gay che assistevano alla discussione dalle tribune di Palazzo Madama di essersi baciati durante la discussione «per provocare». Circostanza negata dai due protagonisti. Gasparri invece ha accusato Sergio Lo Giudice del Pd «di aver comprato un bambino» riferendosi alla scelta del senatore di aver un bambino con la maternità surrogata.

Intervento che ha provocato la reazione del senatore dem Francesco Russo che lo ha definito «lesivo della dignità della persona».

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