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"Alle urne subito, l'auto rischia grosso"

Il capo di Federauto: «Una alleanza tra Pd e M5S aggraverebbe il quadro»

"Alle urne subito, l'auto rischia grosso"

«No a governicchi, si vada al voto quanto prima. L'assenza di un governo vero significa far crescere l'incertezza tra i consumatori. Allo stesso tempo, le imprese che devono investire, come quelle dei concessionari, sono bloccate. Per noi è importante sapere cosa intende fare un governo per il settore dell'auto e la mobilità».

A parlare è Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, la federazione che rappresenta i concessionari in Italia. Il comparto, negli ultimi anni, ha subito non pochi contraccolpi dalla crisi del settore; in particolare a causa della demonizzazione dei motori diesel, messi praticamente al bando. «Da 2.700 - puntualizza De Stefani Cosentino - i concessionari sono scesi a 1.300, e gli show-room da 5.400 a circa 3mila. E se un concessionario chiude, a restare a spasso sono i suoi dipendenti».

Presidente, chiedete prima di tutto chiarezza.

«Stiamo vivendo una crisi di governi, visto che Lega e Cinque stelle avevano visioni opposte. Pensare ora di mettere insieme Pd e Cinque stelle, che fino a ieri se ne sono dette di tutti i colori, la situazione si aggraverebbe. Bisogna dare sicurezza agli italiani, agli imprenditori. Il voto subito significa chiarezza».

L'auto, inoltre, è al centro delle politiche di Bruxelles.

«Nell'Ue la situazione economica è delicata. Abbiamo visto le difficoltà in cui si dibatte la Germania. In proposito, non dimentichiamo come la componentistica italiana abbia nell'industria tedesca dell'auto un cliente fondamentale. Non c'è bisogno di ulteriori nuvoloni all'orizzonte».

Il governo Conte ha approvato il sistema Bonus/Malus. Gli effetti?

«Questo provvedimento avrebbe dovuto contribuire a tagliare la CO2 nell'aria; invece, ogni mese, assistiamo paradossalmente al suo aumento. La gente, infatti, compra più vetture a benzina rispetto al diesel. Sull'auto il governo uscente ha avuto una visione strabica».

Il crollo della domanda di auto diesel è tra le prime cause di questo momento negativo.

«In Europa e in Italia ci si sta facendo del male. La Francia lo ha capito: se si vuole ridurre l'anidride carbonica, la medicina giusta è proprio il diesel di ultima generazione. In Italia, nel Barese, c'è una grande fabbrica di Bosch che sforna sistemi che hanno quasi azzerato le emissioni di ossidi d'azoto».

Continuare a parlare di aumento dell'Iva contribuisce ancora di più a disorientare i consumatori?

«L'auto è il comparto che ne risulterebbe il più punito. L'aggravio, per un veicolo che costa intorno a 22mila euro, sarebbe di oltre 600 euro. Una cifra che sale se si scelgono vetture più costose. Non bisogna continuare a spaventare l'opinione pubblica».

Nella Legge di bilancio ci sarebbe dovuta essere la detraibilità dell'Iva al 100% per le automobili aziendali.

«Il vicepremier Luigi Di Maio dice che su 28 Paesi europei, il salario minimo c'è in 22. Gli ricordo che la detraibilità dell'Iva è invece applicata in 27 su 28. L'Italia è l'unica esclusa».

Ma cose buone, per questo settore, il governo uscente ne ha fatte?

«Il Bonus sull'elettrico e il super-ammortamento al 130% per i veicoli commerciali. Chiediamo a chi verrà di risolvere il problema del parco circolante: 11 milioni di autoveicoli sono inquinanti e insicuri».

Il settore deve aumentare il suo peso nelle stanze dei bottoni?

«Siamo imprenditori, non politici. Serve una cabina di regia duratura che metta in evidenza le nostre esigenze. Ma se gli interlocutori a Roma cambiano in continuazione, i problemi restano tali.

Occorre stabilità».

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