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"Vado, soffro, rimango". L'ex pm gioca alle tre carte

Anche un incontro (smentito) con Berlusconi tra le ultime giravolte del magistrato pugliese

"Vado, soffro, rimango". L'ex pm gioca alle tre carte

Roma - Minaccia, tentenna, sfida, fa giravolte, passi avanti e passi indietro. Data la stazza, Michele Emiliano ricorda un po' l'elefante danzante del film disneyano Fantasia, ma forse è solo il più furbo e abile di tutti.

L'ultima mossa il governatore della Puglia la fa ieri, presentandosi alla Direzione dem dopo ore di suspance e rompendo il fronte degli scissionisti: «Mi candiderò alla segreteria del Pd - annuncia- perché questa è casa mia e casa nostra e nessuno può cacciarci via». Vuole «salvare il Pd», spiega, come gli chiedono centinaia di migliaia di militanti. Il suo seguito ce l'ha, e vuole farlo pesare.

Emiliano decide dunque di restare, mentre Pier Luigi Bersani, Enrico Rossi, Roberto Speranza e le loro truppe escono dal partito. Per dar battaglia a Matteo Renzi non porta via mezzo Pd pugliese né crea una lista civica o la sua Lega del Sud. No, sceglie di lanciare la sfida per la leadership. È convinto che al segretario dimissionario può far più male da dentro il partito. Potrebbe essere una strategia concordata con gli altri, con i quali è in costante contatto, o l'alzata di testa di un protagonista che si vuole distinguere. Un sondaggio gli dà l'11,7 per cento di preferenze, a Rossi 8,3 e a Speranza 6,5. Il 73,5 resterebbe al Rottamatore, ma Emiliano candidato potrebbe essere più pericoloso di Andrea Orlando o Cesare Damiano.

Il sanguigno magistrato-politico da mesi prosegue la sua battaglia contro Renzi, venerdì al Teatro Vittoria di Roma si fa fotografare con Rossi e Speranza minacciando la scissione, ma domenica all'assemblea dem sorprende tutti con toni moderati. Parla di «sofferenza bestiale», elogia quel «piccolo passo indietro» che può far recuperare l'unità, assicura perfino «fiducia nel segretario uscente». Eppure, in serata c'è un altro colpo di scena, con la dichiarazione di guerra firmata con i due bersaniani: «È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima». Sembrava una strada senza ritorno, per lui non è stato così.

Quando si diffondono le voci di una cena con Silvio Berlusconi e in molti ricamano sul fatto che il governatore, non proprio di sinistra e allergico alla Bandiera rossa, possa strizzar l'occhio al centrodestra, preparare larghe intese, Emiliano smentisce tutto. Ma, con quel suo sapiente barcamenarsi, ricorda che con l'ex Cavaliere ha sempre avuto «rapporti di rispetto e di umana cordialità».

Rossi e Speranza saranno delusi, per quella foto stracciata? «Persone perbene», dice Emiliano, portate alla scissione da Renzi, mentre loro prendono atto che «si candida nel Pdr». Alla Direzione cita Don Milani («sortirne da soli è avarizia») e poi Che Guevara («chi lotta può perdere, chi non lotta è già sconfitto»).

Lui resta: «Mi candido nonostante il tentativo del segretario uscente di vincere con ogni mezzo».

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