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Valanga di primavera E lo tsunami di neve uccide sei sci-alpinisti

Tra le vittime un ragazzo appena sedicenne Otto i sopravvissuti. L'esperto: «La disgrazia causata dal caldo e dalla neve ancora fresca»

Andrea AcquaroneVento di primavera, l'aria tiepida dopo le nevicate della scorsa settimana, i rischi forse sottovalutati. Un mix micidiale che ha innescato la tragedia, a pochi giorni dall'apertura «ufficiale» della stagione migliore per lo sci alpinismo in Valle Aurina, Alto Adige. Sono almeno sei le vittime della valanga che ieri si è staccata sul Monte Nevoso, a 3mila metri di quota, investendo una comitiva di una quindicina di persone che stava dirigendosi verso la vetta lungo la cresta di confine con l'Austria. Le vittime sono una donna austriaca e cinque italiani, tutti altoatesini tra cui una ragazzino di appena 16 anni, Matthias Gruber. Un paio i feriti, mentre altri otto sono scampati miracolosamente, praticamente illesi.L'allarme è scattato alle 11,15 dal rifugio Kasselerhutte, il punto più vicino alla zona dell'incidente: chi ha assistito alla scena ha raccontato di aver visto la comitiva avvicinarsi alla cima (mancavano poche centinaia di metri, ormai) quando la massa nevosa si è improvvisamente staccata dal fianco della montagna. Un blocco, con un fronte di 150 metri e una larghezza di trecento, che non ha lasciato possibilità di fuga agli sciatori.«Raramente ci siamo trovati a gestire un'operazione di soccorso di questa entità e di questa portata», spiega Rafael Kostner, pioniere del soccorso alpino, ora alla guida di «Aiut Alpin», una dei gruppi impegnati ieri nei soccorsi insieme con militari della Guardia di Finanza, uomini della protezione civile e del 118: in tutto oltre una settantina di persone. Soccorsi, però, resi particolarmente difficili dall'alta quota in cui si doveva arrivare. Gli elicotteri a quell'altezza possono arrivare «leggeri», solo con poco carburante nei serbatoi, ragione per quale è stato allestito più a valle, nel campo sportivo di Riva di Turesin, un campo base dove è stata potata una cisterna con i rifornimenti necessari e un triste corollario di «sacchi neri». Le vittime, oltre al sedicenne, sono Horst Wallner, 49 anni austriaco; Margit Gasser, 32enne di Campo Tures; Christian Kopfsguter, 21 anni di Villabassa; Alexander Patrik Rieder, 42 anni di Chienes e Bernhard Stoll, 43enne di Villabassa.Quella di ieri è probabilmente la peggiore tragedia cui l'Alto Adige abbia dovuto assistere. Ma anche un evento non imprevedibile. Lo sottolinea Giampietro Verza, ricercatore Everest K2 Cnr, guida alpina ed esperto gruppo di glaciologia dell'Università di Milano: «Prima di avventurarsi in quota, non solo nello scialpinismo, va sempre valutata la storia del manto nevoso che ha una variabilità incredibile, quasi infinita. Nello scorso week-end c'è stata la precipitazione più importante dell'inverno, e quella neve non si è ancora stabilizzata. Non ha avuto il tempo di agganciarsi agli strati più stabili. Poi, possono esserci tante concause. A partire dalla sollecitazione meccanica del passaggio dell'uomo che può rompere l'equilibrio della tenuta».Che questo tiepido week-end di fine inverno potesse essere a rischio lo annunciavano del resto anche i bollettini meteo. Non solo in Trentino. Tant'è che a Bormio, in Lombardia, si è rischiato, praticamente in contemporanea, un altro dramma. Anche qui a causa di una valanga. Stavolta a provocarla è stata la stupida incoscienza di uno straniero, un danese di 49 anni avventuratosi in un fuori pista.È successo nella zona del «Vallone del vallecetta» a circa 3.000 metri di quota, a pochi passi da dove decine di turisti stavano sciando lungo i percorsi battuti. Solo il caso, ha voluto che non ci fossero vittime. Solo due le persone coinvolte, ma per fortuna senza riportare conseguenze. Per il danese è scattata una denuncia.

Forse sarebbero meglio le manette.

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