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Valentino a più mani Ogni sarta firma un abito

Defilè scenografico per colori e lavorazioni Gaultier celebra il suo maestro Pierre Cardin

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«Maddalena è brava per i drappeggi, Antonietta per la pulizia delle forme, Rocco è un mago con i capi pesanti, Irene è quella delle sfide impossibili». Pierpaolo Piccioli racconta la magia dell'alta moda Valentino per la prossima primavera/estate inchinandosi al talento di chi lavora nell'atelier di piazza Mignanelli a Roma. Sono 67 sarte e 10 sarti di ogni grado ed età. C'è l'apprendista che a 25 anni ha lasciato ingegneria per lavorare d'ago e filo. Diventerà prima aiuto, poi rifinito, quindi capo tavolo e dopo chissà. Poi c'è una prémiere assunta nel 1967 quando ancora c'era il Signor Valentino Garavani che ieri sera ha assistito all'indimenticabile defilè seduto accanto al suo storico socio e a Donatella Versace. La bionda signora del made in Italy è uscita dal backstage visibilmente commossa. «Una collezione meravigliosa dice colori e lavorazioni da perdere la testa». In effetti, il pubblico si contiene a fatica: l'emozione è quasi palpabile in sala al passaggio delle 68 modelle. Ognuna di loro indossa un capo pensato dal couturier ma realizzato da queste straordinarie mani. «Dietro a ogni mano c'è una persona che rende possibile la magia della couture e che perpetua la tradizione italiana della bottega d'arte» dice Pierpaolo spiegando perché ogni abito è stato battezzato con il nome di chi l'ha fatto. La prima uscita si chiama Oriana ed è una cappa di faille color ambra a maxi volant sui pantaloni di seta grezza e la canotta in strisce di pizzo. In testa la ragazza ha un gigantesco cappello in piume di marabù verde chartreuse che lancia un messaggio forte e chiaro. Tutto sembra facile, leggero, le cose semplici che fai senza sforzo. Invece l'alta moda è l'accademia del cimento, una cosa da pazzi a esser proprio sinceri. Maria Luisa è un abito a petali intarsiati uno per uno: 900 ore di lavoro. Irene, la sarta che ama le sfide impossibili è anche un vestito fatto con 600 gocce di gazar assemblate con uno studio prospettico degno di Zaha Hadid. Le scelte cromatiche sono degne di Saint Laurent nel senso di Yves, i fiocchi del più grande Ferrè, cappe e panier fanno pensare a Charles James, ma tutto insieme è così squisitamente Valentino secondo Piccioli da lasciarti a bocca aperta. Non per nulla davanti al modello chiamato Floriana è difficile trattenere l'applauso a scena aperta perché il classico Rosso Valentino con fiocchi e volant da ogni parte stavolta è alleggerito da centinaia di pagine d'organza che volano mentre la voce senza pari di Kiri te Kanawa intona l'aria della Tosca «Vissi d'arte, vissi d'amore». L'omaggio alle persone e a una cultura del fare che nessun disgraziato jobs act riesce a fermare, continua nei gioielli con le minuscole forbici, l'ago e il ditale che decorano collane, orecchini e bracciali. Finalmente si può parlare di una sfilata con un valore sociale. Del resto c'è un'intera generazione di stilisti che entrano nella mistica dell'alta moda con gli occhi limpidi e freschi di chi riesce ancora a sognare. È il caso dell'inglese Clare Waight Keller che appena arrivata da Givenchy ha chiesto di riprendere questa tradizione interrotta a suo tempo da Riccardo Tisci. «Voglio usare la forza del sartoriale in chiave femminile» ha detto poco prima della sua bella sfilata ispirata a un giardino bagnato dai raggi della luna. Qualche capo era superfluo e fuori tema, ma nell'insieme la rilettura degli archivi sta dando frutti notevoli. Bellissimo lo show di Viktor & Rolf basato su un solo tessuto il raso duchesse trasformato in mille modi diversi. «Ottenere il massimo partendo da un limite» dicono i due designer. Jean Paul Gaultier ottiene un buono spettacolo di stile dedicando la collezione a Pierre Cardin da cui ha iniziato a lavorare nel 1970. Il novantacinquenne designer gli ruba però la scena annunciando un evento a Roma forse in marzo e al Colosseo per celebrare 70 anni di carriera. Da Margiela l'indiscussa abilità di John Galliano rende plausibili le sneaker incrociate con gli spoiler degli scarponi da sci e il vynile in chiave sartoriale.

Invece da Acne Studio si torna al prét à porter che è carino, ha un ottimo rapporto qualità prezzo, ma dopo simili meraviglie è come paragonare le gambe di una donna normale a quelle di Sharon Stone.

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