Politica

Un vecchio prof espugna il feudo della Boschi

Ghinelli, docente universitario di 63 anni, batte il baby pupillo del ministro

Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi al seggio per il voto alle Comunali e Regionali
Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi al seggio per il voto alle Comunali e Regionali

Arezzo - Il vento è cambiato. Anche in Toscana. Anche nel feudo della ministra Maria Elena Boschi. Un vento forte che scompiglia gli shatush appena fatti della Madonna di Laterina. Il ballottaggio dimostra che il centrodestra non è affatto morto. Anzi, è vivo e sta benissimo. Dopo nove anni, la città della Giostra del Saracino cambia colore. Alessandro Ghinelli, 63 anni, ingegnere e docente alla Facoltà di Ingegneria di Firenze, è il nuovo sindaco di Arezzo dopo aver battuto il renziano Matteo Bracciali, 31 anni. La sfida è finita 50,9% per il centrodestra e 49,1 per il centrosinistra. Appena 608 voti di differenza: 18.651 per Ghinelli, 18.403 per Bracciali. La formula vincente è questa. Tutti uniti. Fuori i mestieranti della politica, dentro la società civile. Con questo metodo chiaro e semplice l'ormai logoro tentativo renziano di contrapporre giovani a vecchi in un'assurda battaglia anagrafica non funziona più. Un populismo giovanilista che non risolve i problemi. Anzi, li rimanda. Per questo i 32 anni di differenza tra i due candidati ad Arezzo hanno fatto aria agli elettori, lasciando la Boschi con gli occhi (da cerbiatta) sgranati. E pensare che aveva pure sfoggiato il suo tacco 12 migliore per l'ultimo comizio di Bracciali. Vanno bene facce nuove, ma dipende pur sempre da che faccia si ha.

Maalox a pioggia per i bruciori di pancia. Il segretario del Pd toscano, Dario Parrini, che due settimane fa si beava per le conquiste renziane, omettendo i due milioni di voti persi, oggi dice di «masticare amaro». Dario Nardella, da finissimo stratega della politica, sminuisce: «Ma non è un giudizio nazionale». Il sindaco di Firenze in verità tira un sospirone: se fosse andato alle urne oggi forse farebbe il capo dell'opposizione a Palazzo Vecchio.

Il giovanilismo esasperato di Matteo Renzi di cui ha fatto una bandiera, non basta più. E gli elettori, prendendo lui come cattivo esempio, lo hanno finalmente capito. Succede, infatti, che uno vanti la propria età, quando non ha idee da esibire. La giovinezza può essere una grande trappola quando s'incrocia con l'inesperienza. Se uno è indietro di comprendonio, lo è a prescindere dalla data di nascita. Proprio ad Amintore Fanfani, illustre aretino, gli garbava dire a chi pensava di rottamarlo: «Chi nasce bischero resta bischero. Anche se ha trent'anni».

Con Renzi, invece, l'unica cosa che conta quando sceglie un candidato è l'età, come se fosse sinonimo di capacità. Ha fatto della data di nascita l'ultimo «ismo» da cavalcare facendola apparire quasi come un'ideologia discriminante. Ma come si è visto bene ad Arezzo questa rivoluzione generazionale ha già stufato. L'apparato scenico è venuto a noia. Un patto generazionale non può fondarsi esclusivamente sulla carta d'identità. Pur riconoscendo la necessità di un ricambio, dovuta al fallimento dei vecchi, non basta una classe politica di giovani, belli ed impegnati, non basteranno più gli slogan e le convention all'americana, gli staff, le start up, gli eventi cool, le atmosfere pop.

La verità, alla fine, è venuta a galla: Renzi è stato soltanto un'illusione; un presidente del Consiglio in scadenza, che è arrivato a Palazzo Chigi senza il voto e la legittimazione degli italiani.

E oggi paga il conto salato delle sue plateali spacconate.

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