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Venezuela, il regime spara sul popolo

Venezuela,  il regime spara sul popolo

Yoinier Peña era un sordomuto di Barquisimeto, la capitale della regione di Lara, in Venezuela. Lo scorso 11 aprile era sceso in strada contro il regime di Nicolás Maduro - il presidente venezuelano più odiato di sempre - per chiedere elezioni, pane e libertà. Colpito a una spalla da un proiettile esploso da un collettivo chavista questo 17enne ora è paraplegico e dovrà vivere il resto dei suoi anni su una sedia a rotelle, che i suoi genitori stanno cercando disperatamente in un Paese dove ormai manca tutto.

Nei suoi 18 anni di potere, il chavismo aveva già fatto molto torturato nell'infame carcere dei servizi segreti, l'Elicoide, centinaia di prigionieri politici, espropriato contadini morti poi per scioperi della fame che non hanno mai commosso i sinistrorsi nostrani, armato i collettivi, le bande assassine che ogni qualvolta il regime chiama rispondono a suon di pistolettate contro i nemici della rivoluzione ma mai era arrivato a sparare sui disabili. Ora Maduro ha anche colmato questa lacuna e - temendo che un giorno il suo regime possa finire sul banco degli imputati della Corte dell'Aia continua imperterrito a dare ordini alle sue milizie di manganellare chi non lo ama, ai suoi paramilitari di sparare contro chi manifesta e ai collettivi di mitragliare i sordomuti.

Sono già sette i morti della repressione denunciava ieri Julio Borges, inascoltato presidente di un Parlamento nelle mani dell'opposizione dal 2015 ma che, da allora, non è riuscito a fare approvare neanche una legge perché Maduro, una volta perso il controllo sul legislativo, ha fatto quello che fanno tutte le dittature, lo ha de facto abolito tramite una giustizia che controlla ormai in modo ferreo. Tony Canelón Scirpatempo aveva 32 anni. È morto l'altroieri dopo ore di agonia per i proiettili sparatigli al torace destro che gli hanno perforato polmone, rene, diaframma, colon e fegato «esplosi a non più di 50 centimetri di distanza» ha detto il medico che ha cercato di salvarlo ucciso senza motivo da Guardie bolivariane mai arrestate.

«Era un giovane buono, non un vandalo come lo descrivono i media di qui- racconta il sacerdote Jesús Genaro Chulalo, padre spirituale di Tony frequentava la parrocchia, poteva emigrare ma aveva scelto di rimanere per costruire una Venezuela migliore». E invece è morto, come Brayan Principal che aveva 14 anni, Daniel Queliz di 19

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