Politica

La verità di Bossetti: «Io sono innocente, mentono tutti gli altri»

Il muratore di Mapello sfida la pm: «Mai conosciuta Yara, il terzo grado me l'ha già fatto mia moglie»

Andrea AcquaroneNella giornata della verità, la verità di Bossetti è sempre la stessa. Quella che ripete dal giorno dell'arresto. Innocente. Bastasse la parola, sarebbe salvo. Tutti raccontano frottole, lui no. Al limite della paranoia.Il muratore accusato di aver ucciso Yara Gambirasio in una gelida sera di oltre cinque anni fa, finalmente è chiamato a dire la sua. Davanti la pm dell'accusa, quella Patrizia Ruggeri che stando ai difensori di ex «Ignoto 1» avrebbe puntato le indagini a senso unico, accanendosi, «costruendo» prove insieme con i carabinieri. «Non ho mai visto né conosciuto quella ragazza... Dottoressa io non sto mentendo, cosa che hanno fatto quelli che hanno preso questo posto prima di me». Ecco l'esordio dell'imputato. «Salvo i miei consulenti qui hanno mentito tutti».Sono già le tre e mezza passate del pomeriggio quando il muratore di Mapello, attacca con la sua «arringa». Ripetendo quello che ha sempre detto.Nel frattempo la mattina era trascorsa coi suoi legali intenti a tentare di trasformare questo infinito processo in affaire internazionale: in ballo una serie di email spedite dall'Ad di Hacking Team, David Vincenzetti, a collaboratori e amici, nelle quali si parlava di congratulazioni da parte del Ros per il ruolo decisivo del software Galileo, prodotto dal gruppo milanese, proprio quello finito nello scandalo Wilileaks e che venne utilizzato nell'indagine. La difesa di Bossetti provava a insinuare un dubbio mefistofelico spiegando come la società di «spionaggio» cybernetico potesse vantare tra i suoi clienti anche una società israeliana che produce Dna artificiale. Magari proprio quello che ha inchiodato il muratore di Mapello. Non solo: il sistema Galileo, secondo gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporin, permetterebbe addirittura di monitorare il contenuto di un pc ma dando la possibilità di aggiungere nelle memorie file mai creati o consultati dal proprietario. Come dire che le ricerche a luci rosse eseguite con il computer di Bossetti, potrebbero essere state immesse dall'esterno per incastrarlo.«Materiale senza valore, nemmeno degno di essere messo agli atti», l'obiezione dell'accusa. E la Corte d'Assise, presieduta da Antonella Bertoja, le ha dato ragione respingendo l'acquisizione dei documenti.A proposito del giorno in cui la tredicenne di Brembate sparì- per essere trovata morta tre mesi dopo - Bossetti ripete la stessa storia. Dice di non ricordare esattamente cosa fece: «Le mie giornate sono sempre state uguali». Salvo poi evidenziare che in quel periodo era solito fermarsi in edicola per comperare figurine e gadget per i figli, in particolare in quella davanti al centro sportivo. Quando il pm gli ha fatto notare come nessuno degli edicolanti lo ricordasse come abituale frequentatore del proprio negozio Bossetti ha risposto: «Hanno mentito». Insomma una congiura globale. Unica che sembra disposta a credergli per davvero, resta la bella e giovane moglie, moglie Marita Comi. È a lei che Massimo si «ispira» per mostrarsi convincente. «Guardi dottoressa - attacca rivolgendosi alla pm Ruggeri - che tutte queste domande che lei mi sta facendo me le ha fatte anche mia moglie, mia moglie mi ha fatto un terzo grado quasi quanto lei». Ma non c'era più tempo per andare avanti.

Udienza rinviata a tra una settimana.

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