Strage a Nizza

La verità va guardata in faccia. Contro un nemico disumano rinunciamo al nostro pudore

I TG in Italia hanno scelto di non passare le immagini dei morti di Nizza e così diversi organi di informazione. I francesi, invece, hanno deciso di mostrare tutto senza "filtri"

La verità va guardata in faccia. Contro un nemico disumano rinunciamo al nostro pudore

I corpi straziati dei nostri fratelli di Nizza, sono lì sulla strada. I teli azzurri celano alla vista quelle creature smembrate, uomini, donne, bambini, maciullati da una belva alla guida di un TIR di infamia e disonore. I TG in Italia hanno scelto di non passare quelle immagini e così diversi organi di informazione. I francesi, invece, hanno deciso di mostrare tutto senza «filtri». Qual è la scelta più giusta? Dobbiamo essere sinceri, vi sono buone ragioni che militano da entrambi i lati. C'è da riflettere. L'Occidente cristiano, ha una memoria assai complessa riguardo alle «immagini» ed alla loro funzione.

Non bisogna dimenticare che in origine anche la «nostra» tradizione culturale aveva un connotato iconoclasta. La possibilità di utilizzare immagini, nel mondo cristiano, ebbe la sua legittimazione solo quando si stabilì che le «icone» potevano aiutare la parola nella trasmissione del messaggio evangelico, soprattutto alle persone illetterate. Alla fine vinsero gli iconoduli, e le immagini acquisirono per alcuni, un connotato sacro e spirituale, che sopravvive nella figuratività della tradizione ortodossa. Per l'Islam non è andata così. Ancorandosi alle rigidità del Vecchio Testamento, le immagini di uomini o della divinità, le figure di persone, «naturali», sono praticamente vietate, ed è questa proibizione che ha, splendido caso di serendipità, costretto l'estro a esprimersi coi minuziosi e complessi geometrismi di certa architettura araba, si pensi solo all'Alhambra di Grenada. Eppure, ecco il paradosso, proprio in questo mondo che rifiuta l'utilizzo delle immagini, si assiste a un modo spregiudicato di usarle, a fini strumentali, per propagare odio. Basta girare su Internet.

Non è la prima volta che i fieri militanti della Jihad dopo aver usato intere famiglie come scudi umani, poi utilizzano i cadaveri della povera gente bombardata, persino i corpicini dei bambini dilaniati, come vigliacchi cimeli per confezionare i loro spot di propaganda. Allora, in quel caso, dimenticano il precetto iconoclasta, per mostrare nitidamente il loro tratto «levantino». É il loro stile. Ma quale deve essere il nostro? Io sono, sostanzialmente, avverso ad ogni censura. Eppure, credo che, in situazioni del genere, noi dobbiamo proteggere il nostro costume, la nostra umanità, serbando un minimo di pudore, di rispetto, di buon gusto, di compassione. Ma, anche così, la questione non può dirsi risolta. Siamo in guerra. E nello «stato d'eccezione», non sempre valgono norme codificate e persino regole non scritte. Se decidiamo sul serio di combatterla questa guerra, e non solo di subirla, dovremo rivedere anche il nostro rapporto coi «principi». L'uomo della strada, la donna lavoratrice, l'imprenditore, il giornalista, l'intellettuale, tutti dovremo sentirci embedded, senza distinguo e senza diserzioni. Ed avremo tante anime belle da scuotere.

Anche mettendogli davanti agli occhi la dimensione reale dell'orrore.

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