Cronache

Veronica in cella tra gli insulti: "Sei un'assassina, devi morire"

Per i pm la madre di Loris ha agito con cinismo, ma lei insiste "Non sono stata io". In un'intercettazione i sospetti dei parenti

RagusaHa ucciso il figlio con «elevata efferatezza e sorprendente cinismo». Così i Pm di Ragusa indicano in Veronica Panariello la sola «responsabile dell'omicidio del proprio figliolo» nel decreto di fermo in cui indicano i «gravi indizi» a danno della donna, mamma del piccolo Loris strangolato e gettato in un canale all'età di otto anni a Santa Croce Camerina. Lei continua a professarsi innocente: «Io collaboro, collaboro, ma non ho ucciso mio figlio». Ma spunta un'intercettazione in cui anche la sorella e la mamma - che di lei ha detto “era violenta sin da sette anni” - dubitano della sua versione. Intanto Veronica è stata trasferita in carcere a piazza Lanza, a Catania, ricoperta di insulti sia all'uscita della questura che all'ingresso nella casa circondariale.

La svolta è avvenuta oltre la mezzanotte di lunedì, quando, dopo oltre 6 ore di interrogatorio, mamma Veronica è stata fermata per omicidio aggravato dalla crudeltà e dal legame di parentela e occultamento di cadavere. La donna, dopo una nottata trascorsa in camera di sicurezza in questura, è stata interrogata dal Pm alla presenza dell'avvocato Francesco Villardita. Ora si trova in cella. Le è stato prelevato il dna, che sarà confrontato con campioni provenienti dal corpicino di Loris. La parola passa al Gip che entro 48 ore fisserà l'udienza per la convalida del fermo e l'eventuale misura cautelare in carcere.

L'interrogatorio ieri è iniziato alle 11. Come un disco rotto Veronica ha ripetuto: «Non l'ho ucciso». Insiste con la sua versione, quella che inizia con la bugia «regina» sulla quale non ha mai vacillato. Sostiene di avere accompagnato a scuola Loris. Ma la telecamera di un negozio di fronte all'abitazione la riprende col figlio piccolo partire in auto alla volta della ludoteca dove lascerà il più piccolo, mentre una sagoma (di Loris) si dirige a piedi verso casa. È il legale di lei a mettere in dubbio che sia Loris. «Indagini frettolose», dice. È a casa che Veronica se ne starà, al suo rientro, per 36 minuti, durante i quali avrebbe strangolato Loris con fascette da elettricista. Le manine legate anch'esse. «Mi auguro – ha detto il legale poco prima dell'interrogatorio – che non sia condannata con sentenza definitiva prima del processo».

Ma ad accogliere Veronica all'uscita dalla Questura e all'arrivo al carcere di Catania è stato un coro di «vergogna» e «assassina». Una famiglia distrutta. In primis dal dolore della perdita di un figlio. Poi da quelle verità rivelate dalle telecamere, che fanno a pugni con le dichiarazioni di Veronica. Verità che sono piombate sulla famiglia Stival. Su quel padre, Davide, afflitto da un dolore indescrivibile e dilaniato tra la voglia di credere alla moglie e quei dubbi che ora i Pm hanno trasformato in accuse. «Se è stata lei mi crolla il mondo addosso. Non ci posso credere», aveva sussurrato Davide prima del fermo. Poi, i primi tentennamenti: «Deve dirmi il perché. Se è stata lei per me può morire. Voglio solo mio figlio».

Veronica ha pianto al termine dell'interrogatorio. «Processualmente è serena – ha detto l'avvocato – ma in preda a crisi di sconforto». Molto del suo racconto non torna. Come un buco di 6 minuti per percorrere un tratto che si fa in 3 minuti (ne ha impiegati 9) e la sua presenza a 50 metri dalla strada che va al «mulino vecchio», luogo del ritrovamento del corpicino da parte del cacciatore Orazio Fidone, fino all'8 dicembre unico indagato per atto dovuto. Non si spiega il rientro di Veronica a casa per tre minuti e mezzo prima di andare a Donnafugata. «Non credo che abbia ucciso Loris. Chi sa parli» – ha detto la zia -. Parole che fanno riflettere sul fatto che possa esserci dell'altro. Ogni tassello sta andando al suo posto. Ma diversi punti oscuri fanno ipotizzare che una risposta importante potrà essere data dagli esiti degli esami sul corpicino e dal confronto col dna di Veronica. Ne sembrerebbe convinto qualche inquirente. Il puzzle non è ancora definito. Difficile spiegare la logica di lei che gli serra i polsi prima di strangolarlo senza che lui urli, né pare logico il contrario. Eppure nessuno ha sentito urlare Loris. Le due azioni potrebbero essere state fatte in contemporanea ma da persone diverse. La Procura oggi esclude, ma si continua a indagare. Poi c'è lo slip di Loris che manca all'appello, forse nel tentativo di depistaggio. E ieri l'inviato di Chi l'ha visto ha trovato fascette da elettricista al «vecchio mulino».

Come se qualcuno voglia ancora dire di continuare a investigare.

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