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Vince l'ex premier, Martina ko: "Capitolo chiuso coi 5 Stelle"

Renzi in Direzione impone la resa al reggente. Alta tensione con la fronda, poi il documento unitario

Vince l'ex premier, Martina ko: "Capitolo chiuso coi 5 Stelle"

La «Direzione» del Partito democratico è ancora una volta quella impressa da Matteo Renzi. Il segretario reggente, Maurizio Martina si adegua e la sua relazione viene votata all'unanimità. Tanto rumore per nulla? Il dissenso è evaporato nel giro di qualche ora e alla fine, dopo le polemiche, le lacerazioni, i mal di pancia, le minacce di scissione, Martina si è presentato al Nazareno e ha confermato nella sostanza la rotta tracciata dall'ex segretario: no a un governo con M5s, no al dialogo con il centrodestra e soprattutto richiesta di fiducia per il reggente soltanto fino all'Assemblea, non al Congresso. Come Renzi desidera e tutti applaudono.

In platea siede lo stesso Renzi per la prima volta in direzione dopo le dimissioni e ancora Paolo Gentiloni, i ministri Marco Minniti, Carlo Calenda, Marianna Madia e Anna Finocchiaro. Questo significa che le divergenze sono appianate? Naturalmente no, il partito è a pezzi ma dentro il Pd c'è chiara la consapevolezza che ulteriori scissioni costerebbero ai dem la sopravvivenza e i numeri sono ancora dalla parte dell'ex segretario che, prima da Fabio Fazio e poi ieri a Piazza Pulita, ha ribadito il «no» a qualsiasi alleanza con Luigi Di Maio.

Il clima era surriscaldato anche davanti al Nazareno, dove una folla di militanti in agitazione esibiva sul petto l'adesivo «Mai con M5S». A farne le spese Gianni Cuperlo, aggredito da un militante che gli ha mostrato la tessera del partito urlando «Cuperlo a casa. Che ne faccio di questa tessera da quando avete deciso che Di Maio ha chiuso il forno?».

All'interno il clima non era più disteso anche a causa dell'iniziativa di Lorenzo Guerini e dei renziani, che con un documento poi accantonato chiedevano di non andare alla conta in direzione. «Un errore - ha detto Cuperlo - chiedere di non contarsi qui dentro ma poi farlo con una conta tesa a certificare i rapporti di forza».

Nella sua relazione Martina ha chiesto di fare «autocritica» attaccando le «liste di proscrizione» e osservando che i dem spesso sono «più feroci» tra loro che con gli avversari». Nella sostanza però ha sposato la linea di Renzi, confermando che il confronto con il M5s è per il Pd «un capitolo chiuso». I fatti «lo hanno archiviato» ha spiegato. Porte chiuse anche a un'eventuale alleanza con il centrodestra. Sul tavolo, ha proseguito Martina, non c'è il sostegno a «un qualsivoglia percorso con Salvini, Berlusconi e Meloni come soci di riferimento» Non solo. Sulla questione più spinosa Martina è stato chiarissimo, chiedendo che gli si rinnovasse la fiducia soltanto «fino all'Assemblea» e non al Congresso, come voleva Renzi. Soddisfatto il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda: « Bel segnale di unità e serietà».

Una resa su tutti i fronti andata di traverso a molti, che nei loro interventi hanno attaccato Renzi ma nei fatti hanno votato la relazione. Per il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, «una barca con due timoni non va avanti», accusando pure Renzi di aver delegittimato il reggente Martina. E Dario Franceschini, ministro dei Beni Culturali, ha rimproverato Renzi di aver interrotto i contatti con i Cinquestelle «senza un confronto interno».

Accuse respinte da Renzi che anche ieri sera, dal solito pulpito televisivo, ha assicurato di non aver mai inteso delegittimare Martina. Unica concessione ai dissidenti in direzione l'accantonamento di un ordine del giorno che avrebbe sancito in modo ancor più manifesto la vittoria di Renzi, negando qualsiasi possibilità di dialogo futuro con M5S.

Non si arrende Michele Emiliano. Il governatore della Puglia insiste: «Possibile il governo con M5S.

Martina ha mandato pieno per il Quirinale».

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