Cronache

Vino, birra, whisky, daiquiri e grappa Nove bevande (e un cibo) da meditazione

Spesso i momenti di riflessione sono quelli trascorsi con un bicchiere in mano Dalla cerimonia del tè a quella del sake. E da mangiare? Cioccolato fondente

Vino, birra, whisky, daiquiri e grappa Nove bevande (e un cibo) da meditazione

Meditare. Un lusso che sempre meno spesso riusciamo a concederci. Meditare vuol dire avere tempo, avere spazio, avere la predisposizione. Merce rara in un'epoca in cui il tempo è poco e quel poco lo diamo in affidamento a qualche balia elettronica che ci crea zero problemi.

E quindi cerchiamo occasioni per fermarci e fare il punto della nostra vita, inseguire un ricordo, pettinare un pensiero. E lasciamoci accompagnare in questo piccolo privilegio da bevande facilitatrici. Li chiamano da meditazione. E non a caso. L'agenzia Found! ha condotto una piccola indagine su un centinaio tra testate, magazine, portali, blog e community lifestyle e ha stilato un elenco delle nove bevande (più un cibo) più riflessive.

Vino. Quello da meditazione è una vera e propria categoria del nettare di Bacco, che di solito si applica ai vini meno gastronomici, ovvero poco adatti all'abbinamento con il cibo. In questa categoria rientrano dunque i vini dolci, quelli liquorosi oppure i rossi importanti, che possono essere degustati per il solo piacere di lasciarsi accarezzare il palato da tannini nobili e austeri.

Birra. Sono quelle artigianali o di abbazia come la Grimbergen, una delle più antiche birre belghe di abbazia fondata nel 1128 e distrutta e ricostruita tre volte nella sua travagliata storia. Ciò che spinse i monaci a scegliere come emblema la fenice, simbolo di qualcosa che rinasce dalle sue ceneri.

Whisky. Qui il riferimento non può prescindere dal cinema. In quanti film americani l'eroe si concede un momento di riflessione con un Bourbon in mano? Accade tra gli altri a Humphrey Bogart in Casablanca. Bevila ancora, Sam.

Rum. Lo diceva lord Byron (e chi siamo noi per smentirlo?): «Non v'è nulla, senza dubbio, che calmi lo spirito come il rum e la vera religione». Il primo è decisamente meno impegnativo. Magari un agricolo della Martinica invecchiato una ventina d'anni.

Sake. Una meditazione un po' più esotica ma sempre decisamente alcolica quella garantita da questa bevanda frutto della fermentazione del riso. Dimenticate naturalmente quella brodaglia calda che viene ancora servita a fine pasto in qualche ristorante cinese da sbarco. Qui siamo nella nobiltà dei superalcolici, con tipologie per tutti i gusti e le circostanze. Per un giapponese è uso consacrare un momento fatidico con un bicchierino di sake in mano.

Grappa. Molto più nostrano, il distillato dalle vinacce ha un suo certo fascino campagnolo a cui si è sovrapposto negli ultimi anni un'attitudine decisamente modaiola. Resta il fatto che a fine cena appartarsi davanti al camino con un grappino in mano è prospettiva tutt'altro che disprezzabile.

Vodka. Associata solitamente allo sballo facile, è invece un distillato di cereali o patate assai nobile in alcune sue declinazioni, come nel caso della polacca Belvedere, di proprietà della holding del lusso LVMH.

Daiquiri. Ultimo alcolico da meditazione questo cocktail di rum bianco, lime e zucchero di canna inventato nel 1914 da Costantino Ribalaigua, proprietario di un bar dell'Avana. Molto amato da Ernest Hemingway, che spesso scriveva i suoi racconti sorseggiandolo.

Tè. La meditazione delle cinque, la bevanda (finalmente non alcolica) per definizione frutto di una cerimonia, che sia quella di rito inglese o quella più spirituale di rito giapponese. Comunque un'occasione per chiacchierare in compagnia degli amici.

Cioccolato fondente. Perché bisogna pur mettere qualcosa di solido sotto i denti mentre si medita. E il cioccolato nella sua versione più pura, oltre a essere un cibo quasi mistico nella sua extrasensorialità, ha il pregio di sposarsi benissimo con molte delle bevande sopradescritte.

Ora scusate, andiamo a meditarci un po' su.

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