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Visco passi, ma Bankitalia no. Renzi prepara un altro attacco

Il leader Pd manda avanti Orfini: "C'è una manina che passa i documenti riservati, vanno desecretati gli atti"

Visco passi, ma Bankitalia no. Renzi prepara un altro attacco

Matteo Renzi e il suo Pd, dopo aver visto sfumare il tentato blitz sulla Banca d'Italia, sono passati alla guerra di trincea. Mentre il leader ha cercato di mostrare a tratti il proprio profilo più responsabile e istituzionale, aprendo addirittura a una riconferma del governatore in carica, altri importanti esponenti del partito hanno proseguito con il cannoneggiamento.

È toccato al presidente del partito, Matteo Orfini, mettersi l'elmetto in testa e fare fuoco attraverso un'intervista all'Huffington Post. «È inquietante che dentro Bankitalia ci sia una manina che passa documenti riservati prima che arrivino a una commissione di inchiesta», ha dichiarato aggiungendo che chiederà al presidente dell'organismo, Pier Ferdinando Casini, «la desecretazione degli atti». «Quei documenti di Bankitalia dovrebbero essere in teoria segreti e riservati - ha aggiunto - e per questo credo di interpretare una preoccupazione anche dell'attuale governatore nel dire che è piuttosto inquietante leggerli sui giornali». Il riferimento è all'articolo pubblicato ieri dal Corriere nel quale si mette in evidenza come alle ispezioni della Vigilanza di via Nazionale su Banca Etruria, Popolare Vicenza e Veneto Banca nel 2013-2014 non abbia fatto seguito l'adozione di misure volte ad attenuare la crisi degli istituti come le aggregazioni prospettate. Sono documenti riservati fino a un certo punto perché a disposizione delle Procure che stanno indagando su quei crac e che cercano di capire perché i consigli di amministrazione di quelle banche non abbiano rispettato quelle prescrizioni e anche perché la Banca d'Italia non abbia esercitato ulteriori pressioni per far rispettare le proprie indicazioni.

È chiaro, però, che quei documenti stanno cominciando a mettere in imbarazzo il Pd perché evidenziano come quei vertici bancari, non estranei al mondo della politica (soprattutto a sinistra), agissero in maniera totalmente autoreferenziale senza attenersi a quanto consigliato dalle istituzioni di sorveglianza. Ecco perché, per un altro verso, Renzi ha cercato di apparire un po' meno brusco rispetto ai giorni scorsi. Da un lato, come detto, ha compiuto una mezza retromarcia dichiarando ad Avvenire che «la difesa a oltranza di Visco non sta nei miei desideri segreti, ma qualsiasi nome il premier farà, non ci saranno problemi; anche se dovesse confermare Visco». Qualsiasi decisione Gentiloni assumerà «non intaccherà minimamente i nostri rapporti: Paolo ha la mia stima, il mio rispetto e la mia amicizia».

Dall'altro lato, Renzi, pur non desistendo dalla polemica, ha «scaricato» la responsabilità della mozione Pd sul presidente della Camera Laura Boldrini. Partecipando alla festa del Foglio a Firenze ha ulteriormente chiarito i contorni della propria azione politica. «Confesso che non avevo letto la mozione prima», ha dichiarato per sminuire il proprio ruolo di kingmaker. E poi ha ribadito che la mozione stessa «è stata giudicata ammissibile dalla Presidenza della Camera» e che, in ogni caso, «esprimere un giudizio di merito non è lesa maestà».

Sul tema della centralità parlamentare si è espresso anche il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, mostrandosi alleato fedele del segretario Pd. «Le forze politiche hanno il diritto di dire la propria opinione perché la Banca d'Italia non è un'enclave sulla quale non si può discutere». Come ha chiarito il renziano Michele Anzaldi, sarebbe stata Boldrini, accogliendo le mozioni dell'opposizione, a legittimare l'intervento dei piddini per stoppare «l'ennesima sguaiata aggressione del Movimento 5 Stelle che avrebbe invaso l'Aula con i soliti inaccettabili ritornelli sugli amici dei banchieri».

La confusione creata da Renzi è il migliore spot a favore della conferma di Visco, che comunque non ha nessuna intenzione di fare un passo indietro, in quanto è chiaro che, come ha sottolineato il capo dello Stato Mattarella, ora ciò che conta è preservare l'autonomia della Banca d'Italia.

Se così non fosse, anche le due eventuali soluzioni interne (il direttore generale Salvatore Rossi o il vicedg Fabio Panetta) si configurerebbero in un'ottica di continuità.

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