Mondo

La vita impossibile di chi si ribella ai regimi. Ora dalla Nord Corea scappano i soldati

Il militare ferito dagli spari dei commilitoni è salvo. Ma non è sempre così

La vita impossibile di chi si ribella ai regimi. Ora dalla Nord Corea scappano i soldati

Si dice che i dissidenti conservino l'integrità del pensiero, denunciando le contraddizioni del mondo nel quale vivono. Ri Il-chol, 23 anni, il soldato nordcoreano fuggito domenica al Sud, attraverso una zona demilitarizzata, forse non è da annoverare tra i conservativi, di sicuro a Seul avrà modo di denunciare le vessazioni del regime totalitario di Kim Jong-un. Il giovane militare dell'esercito di Pyongyang, ferito da colpi d'arma da fuoco esplosi dai commilitoni durante la fuga, ha imboccato la strada che porta a Panmunjom, importante centro turistico sudcoreano, ma destinazione francamente poco rocambolesca e romantica. Nel dissidente si annida sempre uno sguardo al futuro: nel soldato che si oppone a Kim, Marx a Hegel, Sacharov a Breznev e addirittura Cristo agli Ebrei.

Ed è proprio Andrej Sacharov, fisico nucleare dell'ex Urss e paladino dei diritti civili, l'autentico manifesto della dissidenza. Arrestato nel 1980 durante una manifestazione contro l'entrata delle truppe sovietiche in Afghanistan, e esiliato a Gorky dove l'unico contatto con il mondo esterno fu sua moglie, venne riabilitato sei anni dopo da Michail Gorbaciov. Rientrò a Mosca e fu eletto deputato nel 1989, ma morì pochi mesi dopo. Proprio grazie a Sacharov da trent'anni a questa parte viene assegnato un premio dal Parlamento Europeo per la libertà di pensiero. É anche un modo per mettere al centro dell'informazione storie di migliaia di persone spesso costrette ad esistenze spogliate anche del più piccolo lembo di dignità. L'ultima edizione è andata ai prigionieri politici venezuelani, un drappello di uomini coraggiosi che ha tentato di mettersi di traverso alla dittatura perpetrata da Maduro. Dall'inizio dell'anno a oggi in Venezuela sono stati uccisi 142 oppositori e più di 500 arrestati arbitrariamente. La prima edizione del riconoscimento andò a Nelson Mandela, la cui storia e prigionia è nota a tutti. Nell'elenco figura il regista iraniano Jafar Panahi, che finì in galera per aver denunciato il regime di Ahmadinejad di vietare alle donne l'ingresso negli stadi. Continua a vivere in Iran, ma gli hanno tolto il diritto alla parola. A Oxford soggiorna invece il Premio Nobel per la pace Malala, giovane pachistana che in patria aveva vissuto le angherie dei talebani. E sempre a proposito di donne le yazide Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar, hanno trovato riparo dall'Iraq a Stoccarda dopo le violenze subite da parte dei macellai del Califfato.

Ci sono poi i dissidenti dall'esilio dorato, come Edward Snowden (oggi in Russia) e Julian Assange (nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra), autoproclamatisi paladini della libertà, portatori di verità e difensori dei diritti dell'uomo, ma al medesimo tempo due tra gli uomini più controversi della seconda decade del millennio. Oppure come l'ex generale siriano Manaf Tlass, ex amico intimo del presidente Assad, fuggito a Parigi nel luglio del 2012, proveniente da una influente famiglia sunnita di imprenditori.

Tornando alla Corea del Nord, un anno fa di questi tempi moriva per un ictus l'ex soldato americano James Joseph Dresnok. Nel 1962, quando aveva soli 21 anni, aveva disertato dai marines per unirsi al regime nordcoreano, attraversando la zona smilitarizzata fortemente fortificata oltrepassando il confine. Dresnok era stato addirittura ingaggiato in diversi filmati di propaganda del regime. Da quel momento aveva trascorso il resto della sua vita a Pyongyang, senza mai pentirsi della propria scelta.

Chissà se Ri Il-chol ne abbia mai sentito parlare.

Commenti