Cronache

Una vittima a Rosarno. Nella tendopoli-simbolo per Viminale e Ong

Fiamme nel ghetto dei raccoglitori di arance. Speso mezzo milione per metterla in sicurezza

Una vittima a Rosarno. Nella tendopoli-simbolo per Viminale e Ong

A fine agosto dello scorso anno, il Viminale ha predisposto la somma di 450mila euro per l'allestimento di una tendopoli che ospitasse i lavoratori stagionali degli agrumeti nella piana di Gioia Tauro, tra Rosarno e San Ferdinando.

Sarebbe stato l'emblema della buona accoglienza, della lotta serrata al caporalato ma soprattutto sarebbe stato un passo significativo verso l'integrazione e l'inclusione sociale. Almeno così recitavano gli avvisi informativi di ministero dell'Interno e prefettura di Reggio Calabria. Già, ma il condizionale diventa d'obbligo considerando che proprio nell'area dove sorge quel comprensorio, due notti fa, alle 2 è divampato un incendio che ha provocato la morte di una donna di 26 anni, Becky Moses, imprigionata nella tenda in cui da soli tre giorni aveva trovato riparo. Era arrivata due anni fa dalla Nigeria e a lungo era stata ospite dei progetti Sprar di Riace. Ferite, invece, altre due ragazze che ora sono ricoverate all'ospedale di Polistena. Infatti a fianco della tendostruttura da 550 posti, griffata con l'effige del ministero dell'Interno, sorgevano un altro centinaio di tende improvvisate e tenute in piedi alla buona con aste di legno precarie e sostegni di fortuna.

Ora mentre il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, il procuratore di Palmi Ottavio Sferlazza, i vertici delle forze di polizia, il sindaco di San Ferdinando e i rappresentanti locali della protezione civile stanno cercando di vederci chiaro sull'incendio, è stato nominato un commissario straordinario con il compito di predisporre un piano di interventi per l'assistenza e il ricovero dei migranti rimasti senza tetto con tanto di kit igienici, sacchi a pelo e coperte.

Chissà se l'accaduto riuscirà a strappare il velo dell'ipocrisia e ammettere che l'accoglienza, così organizzata, non funziona. Quello che è successo due notti fa testimonia che neppure l'organizzazione delle quote sui lavoratori extracomunitari subordinati stagionali, anch'essa stabilita per legge dal ministero dell'Interno, procede secondo gli standard di un qualsivoglia Paese europeo.

A parole la tendopoli della Piana di Gioia Tauro era stata pianificata dal Viminale con prefettura, Regione Calabria, Croce Rossa Italiana, i comuni di San Ferdinando e di Rosarno, Caritas Diocesana e le ong Emergency e Medu. L'obiettivo era quello di smantellare la vecchia tendopoli in attesa delle iniziative di integrazione abitativa dei lavoratori. Questo a parole. E sempre a parole anche questo nuovo progetto di attendamento sarebbe stato dotato di reti idriche e fognarie, impianti di illuminazione e aree servizi comuni, opere di urbanizzazione primaria, per offrire servizi in ottimali condizioni igieniche e di sicurezza. Per questo c'era la cucina, la pulizia, la lavanderia, la raccolta differenziata e non ultimo la vigilanza quotidiana.

Quindi, oltre al progetto di attendamento costato 450mila euro all'erario pubblico, se ne aggiungeva un altro per ulteriori 200mila, impiegati per munire l'intera area di impianti di videosorveglianza e di rilevazione di presenza. Questo il modello ottimale che però ha retto poco o nulla nella realtà perché in pochi mesi è stato spazzato via dal mero abusivismo: da un lato una tendopoli pressoché di serie A dove una tenda viene utilizzata anche come moschea e, al limitare della stessa, una vera e propria baraccopoli con fili elettrici volanti, bagni angusti e improvvisati, bidoni di acqua fredda per lavarsi e stufe inadeguate e troppo spesso mal funzionanti.

Forse una di queste la causa del rogo.

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