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È la vittoria del direttorio Merkel-Hollande-Tusk

Al tavolo di Bruxelles le decisioni prese dal vertice ristretto. L'Italia fuori dai giochi

È la vittoria del direttorio Merkel-Hollande-Tusk

Roma - Vince la Germania, ma anche la Francia che con Berlino ha messo in scena un gioco delle parti. Italia non pervenuta. Tra i perdenti, anche i partiti europei. Più in generale, dall'accordo di ieri tra i capi di governo dell'area euro e la Grecia, esce vittorioso un nuovo metodo: le regole, in particolare sul bilancio e sulle riforme, si applicano alla lettera. Quando questo non succede, entra in campo l'Europa. O meglio, gli stati forti che decidono per tutti. Un direttorio che ha funzionato questa volta e, proprio per questo, potrebbe rispuntare in futuro. Magari a prendere decisioni sull'Italia.

Un governo che perde il controllo dei conti consegna le chiavi del potere ad altri. Fino a qui niente di strano. Anche il sogno federalista di Altiero Spinelli prevedeva la cessione di quote di sovranità. Ma a Bruxelles continuano a comandare gli stati nazionali, quelli che contano di più in termini di influenza politica ed economica.

Nei giorni scorsi, i vertici «formali» dei ministri delle Finanze, così come quello dei capi di Stato e governo (l'Eurosummit che ieri ha trovato l'accordo) sono stati preceduti da incontri informali a quattro. Il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, il premier greco Alexis Tsipras, poi François Hollande e Angela Merkel.

La Germania ha dettato l'agenda e fatto passare una soluzione che ora avrà effetti su tutti gli altri. Metodo che fa male soprattutto a noi italiani, terzi contributori dell'Europa, terzi creditori della Grecia, ma senza poteri. La colpa è anche dell'Italia - si ripete insistentemente nei palazzi di Bruxelles in questi giorni - perché di fatto si è tirata fuori da questa e da altre vicende europee. Aveva più relazioni a Bruxelles Silvio Berlusconi - altro ragionamento di moda nelle istituzioni Ue - anche se veniva percepito come meno europeista dell'attuale premier. Un clima che non può fare bene al Paese con il debito pubblico più grande d'Europa e il Pil che cresce meno.

L'Europa post bailout di Atene è meno politica e più tecnica. La Commissione Juncker nasce con l'intenzione di essere la prima espressa direttamente dell'Europarlamento, quindi con un mandato politico che viene dagli elettori. Ma le decisioni delicate sono ancora prese dal Consiglio europeo, organismo che riunisce i governi.

Altro cambiamento portato dalla Grecia, la lacerazione delle famiglie politiche europee, destinate a uscire molto ridimensionate. Basti pensare ai socialdemocratici. Quelli francesi e tedeschi sono molto divisi. Molto più di quanto lo siano i governi che esprimono in patria. L'Spd, con il segretario Sigmar Gabriel, ha preso posizioni più dure di quelle di Angela Merkel, più vicine a quelle di Schaeuble, che contemplavano la Grexit. Per contro, i socialisti francesi hanno spinto il presidente Hollande a fare concessioni alla Grecia che poi non ci sono state. Segno che, nonostante l'Europa sia più potente, la politica europea è ancora debole.

E con lei il potere dei cittadini.

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