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Voto che decreta la fine tripolarismo. Il prossimo duello sarà tra Fi e 5Stelle

Le elezioni siciliane e quelle di Ostia decretano la scomparsa del centrosinistra come competitor: sarà solo una partita a due

Voto che decreta la fine tripolarismo. Il prossimo duello sarà tra Fi e 5Stelle

Gli indizi sono almeno due e convergenti, nonostante si tratti di tornate elettorali diverse per dimensioni e sistemi di voto. Eppure il dato che accomuna inesorabilmente le elezioni in Sicilia (proporzionale a turno unico) e quelle a Ostia (doppio turno) è la battuta d'arresto del tripolarismo che ha caratterizzato le sfide elettorali degli ultimi anni. A contendersi la vittoria, infatti, sono un centrodestra che è riuscito finalmente a presentarsi unito, evitando di ripetere disastri come quello delle amministrative di Roma dello scorso anno, e i 5 Stelle, che nonostante le vicissitudini di Virginia Raggi nella capitale e Chiara Appendino a Torino riescono comunque a tenere botta. Si eclissa, invece, il terzo competitor, quel Pd azzoppato dalle troppe forzature di un Matteo Renzi che ormai da due anni perde rovinosamente tutti le tornate elettorali.

Nel centrosinistra sono ore di grande tensione, dove ognuno scarica sull'altro le responsabilità di una sconfitta annunciata fino a perdere di vista il senso del ridicolo. Sostenere, come fa l'entourage renziano, che la colpa della débâcle siciliana sia di Pietro Grasso che si sarebbe rifiutato di lasciare la presidenza del Senato per correre in un elezione già persa è infatti piuttosto stravagante. Oltre a non essere altro che fumo per la propaganda del post voto, con l'obiettivo di distogliere l'attenzione da quello che forse è il vero dato. Anche avessero corso insieme Pd e Mdp in Sicilia si sarebbero fermati sotto al 25% (il 18,5% di Fabrizio Micari più il 6,2% di Claudio Fava), lontanissimi comunque anni luce dal 40% di Nello Musumeci o dal 34,6% di Giancarlo Cancelleri. Lo stesso schema vale per Ostia, che per molti è solo il mare di Roma ma che a numeri vale quanto una città di medie dimensioni (è grande come Milano e ha gli stessi abitanti di Verona). Anche qui pur sommando i voti del candidato alla presidenza del Pd a quello appoggiato da Mdp si supera di poco il 22% e si rimane sul gradino più basso del podio. Al ballottaggio vanno infatti Giuliana Di Pillo del M5s con il 30,2% (ma il Movimento perde 14 punti rispetto alle elezioni che nel 2016 incoronarono la Raggi con il 44% proprio a Ostia) e Monica Picca sostenuta dal centrodestra con il 26,6%. Anche qui, come peraltro nella Sicilia governata da Rosario Crocetta, il Pd arriva terzo pur avendo amministrato (fino a due anni fa, quando la giunta fu commissariata per infiltrazioni mafiose).

Divisa o unita che sia, insomma, la sinistra non sembra essere più in grado di competere con gli altri due poli. Se ne è reso conto anche l'elettorato dem che proprio in Sicilia ha deciso per il voto disgiunto e pur appoggiando il Pd al proporzionale ha indicato Cancelleri come presidente. E non lo hanno fatto in pochi se Micari ha preso quasi il 7% in meno delle liste che lo sostenevano. Il dato numerico, insomma, è corroborato dalla percezione dello stesso popolo del centrosinistra. Un elemento che rischia di pesare in vista dell'imminente campagna elettorale. Peraltro le schermaglie di queste ore lasciano pensare che la strada per un riavvicinamento tra Pd e Mdp sia al momento non percorribile, almeno finché Renzi non deciderà per un improbabile passo a lato. Lo scontro all'arma bianca con Grasso ne è la conferma.

Lo schema della Sicilia e di Ostia, insomma, rischia seriamente di ripetersi alle politiche del prossimo anno. Con centrodestra e 5 Stelle che potrebbero avere vita facile a contendersi tra loro buona parte dei 342 collegi uninominali di Camera (232) e Senato (109) introdotti con il Rosatellum.

Ipotecando, di fatto, la vittoria.

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