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"Il voto? Choc positivo Ora sui Trattati referendum consultivo"

Il docente ex An: «Giusto portare alle urne le leggi che limitano la sovranità nazionale»

"Il voto? Choc positivo Ora sui Trattati referendum consultivo"

Roma Che la Brexit sia stato un choc è fuor di dubbio. Basta vedere la reazione dei mercati nelle prime ore dopo l'annuncio dell'esito del referendum che ha sancito la prossima fuga inglese dall'Unione Europea. Può, però, essersi trattato anche di un choc positivo. Almeno questa è l'opinione di Giuseppe Valditara, milanese (classe 1961), ordinario di Diritto privato romano all'università di Torino. Parlamentare per undici anni (dal 2001 al 2012), Valditara non i mostra preoccupato dal risultato della Brexit. Anzi.

Cosa comporta il voto inglese, almeno dal nostro punto di vista?

«Potrebbe essere uno choc positivo. Anche se la nostra Carta vieta con l'articolo 75 i referendum abrogativi circa i trattati internazionali».

In che modo quindi potremmo trarre una lezione dalla vicenda della Brexit?

«Se non possiamo abrogare con referendum i trattati internazionali, possiamo pur sempre indire referendum consultivi che possono dare un'indicazione chiara a governo e parlamento su come muoversi».

Secondo lei è possibile modificare i trattati internazionali che ci legano all'Unione europea?

«Quello della riforma dei trattati internazionali è un tema tranquillamente affrontabile. Il governo e il Parlamento possono cercare una nuova strada nei rapporti con l'Europa, esattamente come ha fatto Cameron in Gran Bretagna. Bisogna tra l'altro ricordare che la stessa Unione Europea aveva accettato di concedere alla Gran Bretagna condizioni particolari proprio temendo l'esito del referendum del 23 giugno».

Qual è la strada da seguire, in questo caso?

«Si potrebbe partire dalla revisioni di alcuni trattati. Si parla molto di moneta unica e di Maastricht ma poco della Carta di Nizza. Un trattato che limita la sovranità nazionale e che a seguito delle sentenze della Corte costituzionale crea un vincolo interpretativo per i giudici italiani. Secondo me solo la Corte costituzionale dovrebbe avere il potere di disapplicare una legge che è in contrasto con i principi comunitari».

Noi e l'Europa. Quali sono secondo lei i punti deboli di questo rapporto?

«Sicuramente il trattato di Maastricht con gli annessi problemi di bilancio, la già citata Carta di Nizza, per non parlare della moneta unica. A preoccuparmi maggiormente però è il problema delle fonti del diritto. Che emerge chiaro ogni volta che si disapplica una legge perché in contrasto con quanto sancito dalla Corte europea dei diritti».

Dalla Brexit alla nostra riforma costituzionale, dal punto di vista mediatico il passo è breve.

«La riforma costituzionale che verrà giudicata dal referendum confermativo di ottobre è mal scritta, oltre a essere un'autentica presa in giro».

Perché una presa in giro?

«Perché non realizza i tagli di spesa annunciati, non velocizza affatto i tempi di decisione. In più è una riforma che toglie sovranità al popolo che non potrà scegliere i futuri senatori. Che saranno decisivi, tra l'altro, proprio per la ratifica dei futuri trattati europei. Una riforma truffaldina che non tocca i temi più urgenti: la riforma della Corte costituzionale, il federalismo fiscale e il potere di nomina e di revoca dei ministri da parte del premier».

Se vincesse il No al referendum di ottobre ci sono maggiori speranze per una riforma seria della Costituzione e magari per aumentare la sovranità popolare?

«Si potrebbe fare come nel '47, affidando ad un'assemblea costituente, davvero rappresentativa di tutti gli interessi politici, il compito di riformare la Carta».

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