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Woodcock torchiato per 4 ore nega e scarica su Noe e finanza

Il pm napoletano smentisce di essere la fonte degli scoop del «Fatto» e chiama in causa gli investigatori

Woodcock torchiato per 4 ore nega e scarica su Noe e finanza

Niente sfilata in procura per Henry John Woodcock, che però un po' di «metodo Woodcock» lo assaggia comunque, con i colleghi della procura di Roma che lo hanno indagato per rivelazione di segreto d'ufficio nell'ambito della fuga di notizie relativa all'inchiesta su Consip.

Il capo dell'ufficio giudiziario romano Giuseppe Pignatone, con l'aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi, hanno incontrato il magistrato anglopartenopeo in una caserma dell'Arma nel centro di Roma. Una «cortesia istituzionale» con cui le toghe capitoline hanno risparmiato al collega con il quale fino a pochi mesi fa lavoravano fianco a fianco proprio su Consip (è stato Woodcock a trasferire il filone «politico» dell'indagine per competenza territoriale nella capitale) di tornare da indagato a piazzale Clodio. L'incontro, alla presenza dell'avvocato di Woodcock, Bruno Larosa, è stato «cordiale», ma non certo una pura formalità. Si è andati avanti per tre, quattro ore, mettendo nero su bianco la versione del pm napoletano, che ha negato ogni responsabilità nella fuga di notizie, smentendo insomma di essere, insieme alla compagna, Federica Sciarelli (anche lei indagata per concorso), la fonte dei primi scoop sul caso firmati da Marco Lillo sul Fatto Quotidiano. Quegli articoli arrivarono a ridosso della perquisizione in Consip da parte del Noe, e dell'interrogatorio dell'ex ad, Luigi Marroni, che proprio a Woodcock fece i nomi, tra gli altri, del ministro dello Sport Luca Lotti e del comandante generale dell'Arma Tullio Del Sette, come autori della soffiata ai vertici della centrale acquisti della pubblica amministrazione che portò lo stesso Marroni a cautelarsi bonificando il proprio ufficio dalle microspie. E sul Fatto, nei due giorni successivi, 21 e 22 dicembre, finirono proprio le indagini a carico di Del Sette prima e Lotti poi. Il magistrato napoletano ha spiegato che di quegli indagati eccellenti «era a conoscenza anche la polizia giudiziaria». Di fatto scaricando la fuga di notizie anche sul Noe e sulla Gdf, in azione quel giorno.

A Woodcock i pm romani avrebbero poi chiesto conto dei suoi contatti con Federica Sciarelli il 20 dicembre dello scorso anno, quando il magistrato corse nella capitale per interrogare Marroni, che il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto - ora indagato per falso e rivelazione di segreto - aveva poche ore prima assunto a sommarie informazioni. Woodcock avrebbe spiegato, indicato circostanze e fornito elementi ai colleghi romani per confermare la sua estraneità. Ribadendo di non aver rivelato alcun segreto al giornalista. Anche la sua compagna aveva negato a verbale di aver fatto da ponte per notizie riservate tra il pm e la firma del Fatto, anche se i magistrati erano in possesso dei soli tabulati telefonici della giornalista, e non dei messaggi e delle chat, non estratte dal consulente tecnico in tempo per l'interrogatorio. E lo stesso Lillo, la cui casa nei giorni scorsi è stata perquisita, ha da subito sostenuto che la procura di Roma aveva preso un «grosso granchio» indagando Woodcock e Sciarelli: «Non sono loro le mie fonti». Sulla graticola restano insomma i due ufficiali del Noe indagati, lo stesso Scafarto e il vice comandante del nucleo, Alessandro Sessa.

Anche Sciarelli, intervistata dopo l'interrogatorio dalla Verità, aveva accennato alle voci sulla gola profonda del giornalista ipotizzando un ruolo di qualcuno interno all'Arma: «Mi dicono che tutti sanno chi è stato, che è stato un carabiniere».

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